The background of the conference room, yesterday 14 September at the Centro Congressi Roma Eventi, had the eyes of Michail Sergeevič Gorbačëv, a man in the history who left us a great legacy (remained unfinished).
Many moments were told by the guests of the Eureca Association, headed by Angelo Polimeno Bottai: the Ambassador of the Russian Federation to the Holy See, Alexander Avdeev; Ambassador Umberto Vattani, the only Italian diplomat to have been Secretary General of the Farnesina twice; Andrew Spannaus, US journalist.
Umberto Vattani explains Gorbačëv’s legacy as the need for a “common European home”. If we had followed the example of some Italian politicians of the so-called “Prima Repubblica”, perhaps history would have gone differently (but, we know, history is not made with “ifs” and “buts”). Anyway, today we find dealing with a war in the heart of Europe.
Yet, it has been said, Gorbachev was convinced that, without involving the Soviet Union in a new European security framework, the deepest positions within that country would be radicalized. So it happened. Paradoxes of history. Alexander Avdeev recalls how Gorbachev was the first to open the doors of the Kremlin to the Patriarch of the Russian Orthodox Church. Since history is vindictive, if its dynamics are not followed it will turn against us: just look today at the relationship between Vladimir Putin and Patriarch Kirill.
In short, like all the personalities of history, Gorbačëv has been described in his complexity, a great man with a great vision who, perhaps, has not reckoned (with due realism) with the consolidated internal powers and which, of course, was not supported by the whole “West” as it deserved (and as the Italians had well understood).
While Avdeev has brought the Russian position with respect to the Ukrainian context, Vattani has explained how we got there: everything has degenerated, as well as having abandoned the vision of a great “common European home” (and this is the great responsibility of politics), as a consequence of a substantially defenseless diplomacy. As the weeks pass, the absence of diplomacy becomes heavier and the consequences of the war worsen.
Certainly we cannot get out of this war if we continue to radicalize ourselves in moral judgments. We need a fair distance from the news and effective and structured diplomatic action. Political visions in the already present future would also be needed. Michail Sergeevich’s smile, in the background of the hall, is a little sad.
Italian version
Sullo sfondo della sala conferenze, ieri 14 settembre al Centro Congressi Roma Eventi, c’erano gli occhi di Michail Sergeevič Gorbačëv, uomo della storia che ci ha lasciato una grande eredità (rimasta incompiuta).
Molti i momenti raccontati dagli ospiti dell’Associazione Eureca, guidata da Angelo Polimeno Bottai: l’Ambasciatore della Federazione Russa presso la Santa Sede, Alexander Avdeev; l’Ambasciatore Umberto Vattani, l’unico diplomatico italiano ad essere stato due volte Segretario Generale della Farnesina; Andrew Spannaus, giornalista statunitense.
Umberto Vattani spiega l’eredità di Gorbačëv come la necessità di una “casa comune europea”. Se avessimo seguito l’esempio di alcuni politici italiani della cosiddetta “Prima Repubblica”, forse la storia sarebbe andata diversamente (ma, si sa, la storia non è fatta di “se” e di “ma”). Comunque, oggi troviamo noi stessi alle prese con una guerra nel cuore dell’Europa.
Eppure, è stato detto, Gorbaciov era convinto che, senza il coinvolgimento dell’Unione Sovietica in un nuovo quadro di sicurezza europeo, le posizioni più profonde all’interno di quel Paese si sarebbero radicalizzate. Così è successo.
Paradossi della storia. Alexander Avdeev ricorda come Gorbaciov sia stato il primo ad aprire le porte del Cremlino al patriarca della Chiesa ortodossa russa. Poiché la storia è vendicativa, se non si segue la sua dinamica si rivolterà contro di noi: basti guardare oggi al rapporto tra Vladimir Putin e il patriarca Kirill.
Insomma, come tutti i personaggi della storia, Gorbačëv è stato descritto nella sua complessità, un grande uomo con una grande visione che, forse, non ha fatto i conti (con il dovuto realismo) con i consolidati poteri interni e che, ovviamente, non è stato sostenuto da tutto l'”Occidente” come avrebbe meritato (e come gli italiani avevano ben capito).
Mentre Avdeev ha parlato della posizione russa rispetto al contesto ucraino, Vattani ha spiegato come ci siamo arrivati: tutto è degenerato, oltre ad aver abbandonato la visione di una grande “casa comune europea” (e questa è la grande responsabilità della politica), come conseguenza di una diplomazia sostanzialmente inerme. Con il passare delle settimane, l’assenza di diplomazia si fa più pesante e le conseguenze della guerra peggiorano.
Certamente non possiamo uscire da questa guerra se continuiamo a radicalizzarci nei giudizi morali. Serve una giusta distanza dalla cronaca e un’azione diplomatica efficace e strutturata. Sarebbero necessarie anche visioni politiche nel futuro già presente. Il sorriso di Michail Sergeevich, sullo sfondo della sala, è un pò triste.