Wagner Group e strategie del Cremlino. Con Federica Saini Fasanotti (Brookings Institution) (di Marco Emanuele)

The Global Eye’s Insecurity incontra Federica Saini Fasanotti, nonresident fellow, Center for Security, Strategy, and Technology,  Brookings Institution.

La tua riflessione pubblicata su Brookings, Russia’s Wagner Group in Africa: Influence, commercial concessions, rights violations, and counterinsurgency failure, è di grande interesse. Perché, secondo Te, il Wagner Group è diverso dagli altri gruppi di sicurezza privata ? Perché, a differenza di altri contractors, agisce da longa manus del Cremlino senza che esso ne prenda alcuna responsabilità. E’ un modo di agire poco costoso e da cui è decisamente più facile smarcarsi rispetto ad azioni militari regolari. Sono meglio posizionati rispetto alle milizie locali dei dittatori africani o a gruppi terroristici, ma non hanno né le risorse né l’addestramento delle forze speciali americane, ad esempio. Quando si sono imbattuti negli americani, in Siria, il 75% delle loro unità è stato spazzato via tra morti e feriti, durante una ritirata piuttosto frettolosa.

Come noti nella riflessione, l’art. 359 del Criminal Code russo punisce i gruppi come Wagner. In realtà, dal punto di vista sostanziale, lo Stato russo usa Wagner Group in zone sensibili. Fin dalla Crimea e in quali altri contesti ? Il Wagner Group fa parte di una tradizione russa già presente in altri contesti dagli anni Novanta, come gli Slavonic Corps o il Moran Security Group, per citare i due più famosi. Rispetto a loro, tuttavia, il Wagner ha una connessione più forte con Mosca e agisce come braccio armato più per fare affari che per altre motivazioni. Sostenere un dittatore o un altro è una scelta non certo ideologica quanto piuttosto economica e geopolitica. 

Vi sono stati e vi sono contatti, in Africa, tra questo gruppo, altre realtà di sicurezza privata e Paesi formalmente non vicini alle posizioni russe ? I contatti ci sono sempre, basti pensare al Mali, dove opera da tempo la forza francese e dove più che contatti si parla di scontri. In Libia poi, ci sono certamente stati contatti con le milizie sudanesi e ciadiane, anche di collaborazione. 

La questione della sicurezza è di grande importanza nel mondo di oggi. Da questa tua riflessione, qual è la declinazione russa – oltre frontiera (nei Paesi limitrofi e in altre zone del pianeta) – dell’idea di sicurezza ? Se parliamo di destabilizzazione, direi vincente: forze leggere, flessibili, in grado di essere aggressive se di fronte ad un nemico non sufficientemente addestrato e di causare instabilità politica. Non credo che i russi siano interessati a portare alcun tipo di sicurezza agli altri paesi, se non esclusivamente quella legata ai pozzi petroliferi o alle miniere di diamanti che devono difendere per contratto.   

in collaborazione con The Science of Where Magazine

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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