Dispiace, tra attacchi irricevibili e inopportune scelte partitiche, che in Italia – ancora una volta – si sia persa l’occasione di discutere insieme, in Parlamento, di civiltà giuridica.
Tutti sappiamo perché è nato il 41bis, tutti sappiamo chi è Alfredo Cospito e la sua storia criminale. Sarebbe il caso di dire, una volta per tutte, che l’aspra polemica istituzionale (perché tale è, coinvolgendo un Sottosegretario alla Giustizia, il Vice Presidente del Copasir e il Presidente del Consiglio) arrivata fino a Berlino deve cessare, per amore di quella Nazione di cui s’intende fare gli interessi. Altrettanto sappiamo che non è stato il Governo in quanto tale a soffiare sul fuoco.
Rimane, però, il tema della civiltà giuridica. Rimane il tema di una riforma della giustizia che tenga insieme certezza della pena e umanità della detenzione, ragioni di sicurezza e possibilità di riabilitazione, pace sociale dentro uno Stato di diritto che rifiuti la violenza ma che aiuti a superare le condizioni di disagio e le disuguaglianze che possono pericolosamente saldarsi con le esperienze criminali.
Tutto questo, naturalmente, non è entrato nello scontro. E’ inaccettabile, per quanto mi riguarda, che gli intellettuali vengano tacciati di contiguità con l’anarco-insurrezionalismo o con la mafia e il terrorismo laddove esprimano posizioni critiche e finalizzate a migliorare la civiltà giuridica e lo stato delle carceri.
Sappiamo tutto questo da tanti anni. Per quel che vale, anche questa piccola voce esprime preoccupazione. Ora è il momento di raffreddare le posizioni, ormai entrate nel calendario del gossip simil-sanremese. Rifiuto, come dovrebbe fare ogni cittadino, una partitica che si soddisfa di miserie nazional-popolari che soltanto sfiorano temi di grande peso civile e che qualificano, o de-qualificano, la civiltà della Nazione. L’uscita dal gossip è dovuta agli italiani, fino a prova contraria ancora “sovrani”.