(Marzia Giglioli)
Riflessione dai media internazionali dopo la risoluzione ONU su Gaza
C’era da aspettarsi che Israele sarebbe stato ‘nemico’ dell’astensione degli USA sulla risoluzione del Consiglio di Sicurezza per il cessate il fuoco a Gaza. Ma la reazione del primo ministro Benjamin Netanyahu ‘è stata assolutamente ridicola’. scrive il Time, dato che si è poi concretizzata nel solo annuncio che il premier israeliano ‘non invierà i suoi migliori consiglieri a Washington per discutere della guerraì, anche se in queste ultime ore si registra un ripensamento e si sta decidendo la data per l’arrivo della delegazione negli USA. Intanto continua a circolare l’ipotesi che Netanyahu si mostri intransigente con Biden perché punterebbe già le sue fiches sulla presidenza Trump.
Netanyahu ha una lunga storia di ‘scontri’ con i presidenti americani che via via si sono succeduti e, come nota il Time, ‘dopo anni, Netanyahu dà per scontato il sostegno americano, nella convinzione che i cristiani evangelici e la piccola minoranza ebraica americana garantiranno che Israele sia sempre amato, costantemente armato e ripetutamente perdonato per qualsiasi passo falso’.
Ora il clima è cambiato. Il presidente Biden e la vicepresidente Kamala Harris, in più occasioni, hanno affermato la loro distanza e le loro critiche su come Tel Aviv sta portando avanti la reazione al feroce attacco di Hamas dichiarando che Israele ha bombardato indiscriminatamente Gaza e che la risposta militare ai massacri del 7 ottobre è stata ‘esagerata’: ma Netanyahu ‘continua a pensare di poter dare uno schiaffo a Biden’.
La frattura tra Washington e Tel Aviv è sempre più marcata. Secondo un’analisi di Dan Raviv (ex corrispondente di Cbs) e Yossi Melman (esperto di questioni militari e di sicurezza che scrive per Haaretz), pubblicata sul Time, ‘è abbastanza chiaro che il premier israeliano sta giocando d’azzardo e sta puntando le sue fiches su Donald Trump. Il premier israeliano e gli estremisti di destra del suo governo, che vogliono annettere la Cisgiordania e che vorrebbero ricostruire gli insediamenti ebraici a Gaza, ritengono che se Trump tornasse alla Casa Bianca lascerebbe di nuovo che Israele facesse quello che vuole. E, a loro avviso, se i repubblicani riescono a conquistare il Senato e a mantenere la Camera, allora Israele ce la farà davvero’.
Ma si tratta di una scommessa pericolosa. Nessuno può essere certo che Trump si attenga alla posizione che sta esprimendo in questo momento. Trump critica aspramente gli ebrei americani per aver votato per i democratici e su un giornale israeliano afferma che quella di Gaza è una ‘brutta guerra’ ed esorta Netanyahu a finirla velocemente e a concentrarsi sulla pace.
Per decenni, nella politica israeliana ‘il governo ha voluto apparire al passo con gli Stati Uniti al 100% ed Israele era orgoglioso di affermare di aver mantenuto il sostegno bipartisan negli Stati Uniti. Ma Netanyahu ha intrapreso la strada, rispetto alla sua base politica, di sembrare più forte se sfiderà i presidenti americani e gli altri che lo criticano nel mondo. Netanyahu ed i suoi funzionari più vicini hanno rafforzato i legami con i repubblicani, in particolare con quelli ritenuti più falchi che ammirano e condividono ciò che Israele è in grado di realizzare in una regione a stragrande maggioranza musulmana.
Da quando i leader israeliani si sono resi conto che negli Stati Uniti molti democratici mettevano in discussione la politica di Tel Aviv nei confronti dei palestinesi, in particolare con l’occupazione della Cisgiordania dal 1967, Israele ha cominciato a voltare le spalle ai progressisti. E la sinistra americana, non considerando più Israele una enclave liberale e illuminata in Medio Oriente, ha fatto del sionismo uno dei suoi principali obiettivi di condanna’. Ciò ha contribuito alla crescita dell’antisemitismo, negli Stati Uniti e nel mondo, con una forte impennata in particolare a partire dall’attacco di Hamas ad Israele, il 7 ottobre, e dalla conseguente invasione israeliana di Gaza’.
Adesso le divaricazioni andranno gestite con una complessità che finora è mancata, e non possono essere affidate a scommesse politiche come puntare sulla presidenza Trump al buio. È troppo pericoloso. È mancata, con la consapevolezza della complessità, la lungimiranza sul fatto che i rapporti, come le situazioni, non possono rimanere fermi nel tempo. Hanno bisogno di re-invenzione per garantire un futuro senza esplosioni e deflagrazioni. Anche la democrazia va difesa tenendo conto di nuovi fattori di rischio. Negli Usa, come alttove in Occidente, i fattori demografici stanno implicitamente modificando il nesso tra la Storia e le persone, coinvolgono la necessità di nuove analisi e di nuove formule di convivenza e di conoscenza. I rapporti tra Israele e USA ne sono l’esempio, come dimostrano le proteste nei Campus americani. Molti manifestanti si nutrono di notizie autoselezionate, a volte false, e hanno scarsa comprensione delle complessità del conflitto israelo-palestinese: in tal modo, si finisce per agire per ‘contrasto’ anziché per comprensione. In tal modo. il conflitto diventa permanente e le le soluzioni ancora di più diventano schematiche e si ripete all’infinito l’errore da cui vengono generate.
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