USA – Cina e l’importanza della ‘competizione cooperativa’

(Marco Emanuele)

Mentre l’attenzione del mondo è concentrata sulla guerra in corso tra Israele e Hamas, il nostro sguardo complesso si posa su un tema di altrettanta rilevanza strategica: i rapporti tra USA e Cina.

Così scrive Ryan Hass di Brookings (Foreign Affairs, 24 ottobre 2023, ‘What America Wants From China’): L’assenza di un obiettivo chiaro rischia inoltre di sprecare il più grande vantaggio degli Stati Uniti in una competizione a lungo termine con la Cina: la coesione della sua rete globale di alleati e partner. I governi allineati con Washington (…) non vorranno rimanere intrappolati in un confronto con la Cina per poi vedere gli Stati Uniti cambiare bruscamente rotta e lasciare i loro Paesi esposti alle ritorsioni di Pechino.

Lo scenario auspicato da Hass è realistico e, al contempo, complesso: Washington dovrebbe mirare a preservare un sistema internazionale funzionante che sostenga la sicurezza e la prosperità degli Stati Uniti e che includa la Cina piuttosto che isolarla. Nel frattempo, gli Stati Uniti dovrebbero mantenere un esercito forte per dissuadere la Cina dall’usare la forza contro gli Stati Uniti o i suoi partner di sicurezza e cercare di mantenere un vantaggio complessivo sulla Cina nell’innovazione tecnologica, in particolare nei settori che hanno implicazioni per la sicurezza nazionale.

Includere piuttosto che isolare, dissuadere, valorizzare il proprio interesse nazionale e rafforzare la propria sicurezza: Hass si pone su una linea che definiremmo di ‘multi-bi-lateralismo’. L’intelligenza creativa, in questa fase assai turbolenta delle relazioni internazionali, fa la differenza: player come USA e Cina, dentro un quadro di sfide straordinariamente decisive per la sopravvivenza dell’umanità e del pianeta, devono adottare un realismo progettuale in grado di spingerle lungo una linea di ‘competizione cooperativa’.

La Cina, scrive Hass, può godere di un’ampia accettazione della sua continua ascesa se investe nel mantenimento e nell’adattamento del sistema esistente, oppure può uscire dall’ordine e provocarne la frammentazione. In quest’ultimo scenario, la Cina potrebbe diventare il leader di un blocco di Paesi in via di sviluppo, organizzato in modo lasco e in condizioni di inferiorità, che si confronta con un gruppo più ideologicamente allineato e sostenuto da democrazie sviluppate. 

Il problema strategico, considerando che nessun leader è immortale, è il dopo Xi. Nota Hass: Gli Stati Uniti hanno bisogno di una strategia che sia in grado di affrontare il presente e di guardare oltre Xi per prepararsi a un futuro in cui la Cina dovrà affrontare crescenti vincoli strutturali. Occorre sdoganarsi dalle visioni lineari della storia perché, sottolinea Haas, la traiettoria politica della Cina non ha percorso, e probabilmente non percorrerà a lungo, una linea retta.

Coinvolgere e non escludere Pechino è necessario per molti motivi. Un passaggio di Hass è particolarmente interessante: molte persone nei Paesi più poveri e nei Paesi non occidentali vedono l’attuale “ordine basato sulle regole” come un sistema prevalentemente bianco e occidentale, non sufficientemente attento alle loro priorità e preoccupazioni. La Cina, agli occhi di molti, potrebbe rassicurare.

Sempre con realismo, si pensi alle sfide dei cambiamenti climatici, della salute globale e della rivoluzione tecnologica. Scrive Hass: la balcanizzazione del sistema internazionale postbellico che deriverebbe dall’uscita della Cina danneggerebbe gli interessi a lungo termine degli Stati Uniti. Non esiste una soluzione occidentale al cambiamento climatico o alla prevenzione delle pandemie, ad esempio. Sono sfide globali che richiedono la mobilitazione di risorse globali. Inoltre, una rottura del sistema commerciale lascerebbe tutti i Paesi più poveri, compresi gli Stati Uniti. Una transizione energetica verde richiederebbe più tempo e costi maggiori se gli Stati Uniti e la Cina non fossero in grado di coordinarsi. Una biforcazione dei sistemi informativi globali in blocchi occidentali e cinesi ostacolerebbe l’innovazione e la crescita economica. Anche se gli Stati Uniti si adoperano per salvaguardare i dati degli americani, devono evitare di impedire alle loro aziende di competere nel crescente numero di mercati in cui le tecnologie cinesi hanno fatto breccia.

Così conclude Hass: nonostante la rispettiva ambivalenza su alcune caratteristiche dell’attuale sistema internazionale e l’intensificarsi della rivalità tra loro, Stati Uniti e Cina vogliono entrambi evitare la guerra e mantenere la stabilità. Entrambi traggono ricchezza e sicurezza dal sistema esistente. Inoltre, essendo i due Paesi più forti del mondo, sono in grado di contribuire alla risoluzione collettiva dei problemi con le istituzioni esistenti meglio di quanto potrebbero fare senza di esse. Le ambizioni della Cina rappresenteranno una forte sfida per gli Stati Uniti anche in futuro. Il modo migliore per Washington di affrontare questa sfida è mantenere la Cina coinvolta nel sistema internazionale, alimentando al contempo le alleanze americane e rafforzando il vantaggio tecnologico degli Stati Uniti. Se gli Stati Uniti riusciranno a portare avanti una paziente ma ferma strategia a lungo termine in questo senso, saranno ben posizionati per sostenere la loro leadership, la loro prosperità e la loro sicurezza.

Hass, naturalmente, porta un punto di vista americano. Dal nostro punto di vista, rivolto alla sostenibilità sistemica, le opinioni dell’Autore centrano un punto fondamentale: il bivio di fronte al quale si trova il mondo chiede spazi di dialogo, nella competizione, che non possono essere elusi. Ogni ulteriore spinta sull’esclusione e sulla separazione è deleteria perché, come cerchiamo di argomentare, danneggerebbe gli interessi di tutti, al di là delle appartenenze.

(riproduzione autorizzata citando la fonte)

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