La rivolta sul clima clima passa anche da un gruppo di anziane signore svizzere.
Global Eye ne segue la storia per esaminare gli aspetti complessi di questo riappropriarsi di rappresentatività in Paesi ad alto tasso di democrazia
(Losanna, testo dell’inviato Carlo Rebecchi, foto di Norma Bargetzi)
Sarà mai possibile che, in tema di ambiente, dove non hanno finora ottenuto risultati concreti manifestazioni oceaniche come quelle pilotate da Greta Thunberg, finisca per spuntarla un’associazione di donne pensionate dell’età media di più di settant’anni? Difficile crederlo. Eppure, in Svizzera, l’associazione delle “Anziane per il clima” ci spera. E aspetta “per il primo trimestre del 2024“ una sentenza della Corte dei diritti dell’uomo (ECHR/CEDU) di Strasburgo che potrebbe rivelarsi al tempo stesso esplosiva e storica: i diciassette giudici della “Grande Chambre” della Corte dovranno infatti stabilire se il non rispetto da parte degli Stati degli impegni ufficialmente presi per ridurre le emissioni di gas serra va considerato una violazione della convenzione dei Diritti Umani. E quindi, come tale, è condannabile.
“Aspettiamo questa sentenza, e soprattutto le motivazioni, con il batticuore. Siamo consapevoli della lentezza della giustizia, anche per via delle conseguenze che la sentenza potrebbe avere per i 46 Paesi (tra cui l’Italia) che hanno ratificato la Convenzione” ci dice una delle responsabili nazionali dell’associazione, Norma Bargetzi.
“Un risultato storico comunque lo abbiamo già ottenuto: quello che il più autorevole dei tribunali in materia di Diritti Umani consideri suo compito esaminare la nostra denuncia. Alla quale se ne sono aggiunte altre due, una francese ed una portoghese, che ora saranno valutate insieme”.
La Corte europea dei diritti dell’uomo è una convenzione internazionale, firmata a Roma nel 1950, redatta e adottata nell’ambito del Consiglio d’Europa per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali tra le quali, sottolinea Norma Bargetzi, c’è “il diritto alla salute e alla vita”. “Noi ci siamo semplicemente chieste se il nostro Paese faccia il possibile per tutelare questi nostri diritti e la nostra risposta è stata negativa. Ci siamo allora rivolti al nostro Stato, ma senza successo. Allora, abbiamo deciso di rivolgerci alla corte di Strasburgo”.
Ovviamente, spiega Norma, non siamo soltanto noi donne anziane a soffrire sul piano fisico e mentale per gli sbalzi climatici. Ne soffrono anche uomini e bambini. “Sul fatto che le donne anziane risentano più di tutti gli effetti delle ondate di caldo e della canicola ci sono però delle evidenze scientifiche che ci hanno spinto a concentrarci su questa categoria di persone. I periodi di siccità estrema scatenano ogni anno crisi sanitarie che fanno migliaia di morti, mettendo in pericolo il diritto alla salute e alla vita”.
E cosa fa la Svizzera? “Non tutto quello che dovrebbe fare. Si è ufficialmente impegnata con gli Accordi di Parigi a mantenere l’aumento della temperatura media globale entro due gradi centigradi rispetto ai livelli del periodo preindustriale. Ma questo è largamente insufficiente. Si è impegnata a ridurre le emissioni del 34 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Ma l’Unione europea ha come obiettivo per lo stesso periodo il 55 per cento e la Germania addirittura il 65 per cento”. Nel 2016, quando fondarono la loro associazione, le Anziane per il Clima erano poco più di un centinaio. Oggi sono più di 2300. E preoccupate: “Se tutti facessero come la Svizzera si andrebbe ad un aumento della temperatura del 3 per cento. Una catastrofe”.