(Marzia Giglioli)
E’ sempre stato improbabile che la Corte Suprema confermasse la sentenza del Colorado che escludeva Donald Trump dal ballottaggio. Era un teatro dal finale già scritto. La sentenza unanime emessa dalla Corte, che ha ribaltato la decisione del Colorado, non ha colore politico. Neppure una Corte composta da nove giudici liberali avrebbe potuto fare diversamente.
La Corte Suprema ha confermato l’eleggibilità di Donald Trump in Colorado, uno dei 15 Stati che vota nel Super Tuesday.
Il verdetto dei nove giudici è stato unanime e ha accolto il ricorso dell’ex presidente contro la decisione della Corte suprema statale del Colorado di bandirlo per il suo ruolo nell’assalto al Campidoglio. La decisione, come previsto, non è entrata nel merito dell’insurrezione e ha stabilito che non sono gli Stati a poter decidere sull’ eleggibilità. Sta di fatto che la sentenza segna evidentemente un netto successo per Trump che ha subito scritto sul suo social Truth: «Grande vittoria per l’America». Ora la sua conferma come candidato alla nomination repubblicana dovrebbe avvenire probabilmente tra il 12 ed il 19 marzo, con il raggiungimento della maggioranza dei delegati. Intanto un nuovo sondaggio del New York Times lo dà in vantaggio con il 48% contro i 43% di Biden,
La sentenza della Corte Suprema era davvero prevedibile perché sostenere il divieto imposto dal Quattordicesimo Emendamento agli insurrezionalisti di ricoprire cariche pubbliche avrebbe messo i giudici nella difficile posizione politica di far sembrare che stessero decidendo un’elezione. Una cosa del genere avrebbe potuto minare il sostegno popolare alla Corte come istituzione e ciò – come pensano e temono diversi analisti – potrebbe spingere il Congresso ad agire in futuro per limitare il potere della Corte. C’è poi la questione sicurezza: una esclusione di Trump dalla corsa alla Casa Bianca – in molti suggeriscono e non vogliono minimizzarlo – avrebbe potuto portare a una reazione massiccia e potenzialmente violenta da parte dei sostenitori di Trump.
Ora c’è pendente la questione dell’immunità per un presidente in carica, ma qualsiasi decisione venga presa non arriverebbe comunque in tempo prima delle elezioni di novembre. E tutti ne sono consapevoli.
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