In termini di sostenibilità sistemica del mondo e dei mondi, attraverso il pensiero complesso, urge il ribaltamento dei nostri paradigmi di lettura della situazione storica: in particolare per quanto riguarda i rapporti tra Europa e Africa. Migrazioni comprese e a parte, ha ragione Lucio Caracciolo (Limes 8/23, Africa contro Occidente, pp. 20 e 21): Trascorso il tempo degli esotismi e annessi imperialismi, come mitigare i danni della mutua incomprensione ? Nella poche scuole nostrane in cui ancora campeggiano i planisferi, un piccolo passo educativo sarebbe appenderli alla rovescia: Africa sopra, Europa sotto. Rappresentazione meno distante dalla realtà, almeno dalla demografia che ne muove il cuore. Poi potremmo recuperare negli esili programmi di storia qualche spazio per il passato delle Afriche, con cui saremo in sempre più stretta comunicazione, si spera non solo via Lampedusa. Scopriremmo allora un altro vincolo esterno – ormai anche interno – dalle radici profonde quanto neglette. Quello che ci lega all’Africa. In nome dell’Europa.
Per farla breve, e semplicistica, potremmo dire che tutti abbiamo sbagliato in Africa (forse qualcuno ha sbagliato di più …). Ma il tempo che viviamo, sfidante quanto si vuole ma estremamente in bilico, non permette più recriminazioni ma solo salti (sostanziali) nel futuro già presente. L’Africa potrebbe rappresentare tutto ciò che ci serve (scrivo da europeo) e l’Europa (cercasi) ha il dovere di alzare la voce per invocare il rovesciamento dei planisferi: il che significa riprendersi un ruolo storico attraverso la salvaguardia e il rilancio dell’Africa negletta. Certo non potranno farlo i singoli Paesi, anche se ci provano …, perché l’incisività sarebbe pressoché nulla. L’Africa è un tema a crescente complessità: riguarda gli africani, gli europei e la sostenibilità strategica del mondo e dei mondi.
Basta il dato demografico evocato da Limes (18,6 anni l’età media degli africani contro il 41,7 degli europei) per dire che non possiamo più giocare con la storia: insomma, cominciamo a dire che è vietato guardare l’Africa dall’alto in basso ponendo il punto di ‘noi democratici’ che spiegano la vita agli altri. Le migrazioni sono solo un aspetto, in prospettiva, di ciò che potrebbe rappresentare l’Africa abbandonata: i ‘numeri’ che vediamo oggi, in ogni caso persone dentro un processo complesso come ricorda Anna Maria Cossiga su queste pagine, sono da gestire e non da esasperare. Quelli dei prossimi anni e decenni, continuando così, non lo sappiamo.
L’Europa, tra l’altro, non può permettersi un potenziale secondo buco nero ai suoi confini, dopo quello ucraino in pericoloso allargamento. L’Africa chiama l’Europa, terra del pensiero complesso e di molto altro, a prendere una posizione chiara e il più possibile unitaria: pre-rovesciamento dei planisferi, il continente che sta sotto di noi rischia di perire, pur essendo ricchissimo, tra Stati fragili, lotte di potere, cambiamenti climatici, pressioni esterne e quant’altro.
‘Rovesciare i planisferi’ potrebbe essere l’oggetto di una campagna di geo-consapevolezza planetaria. Prima dei governi, e accanto agli stessi, vi sono le opinioni pubbliche, ciascuno di noi: dovremmo capire, prima che sia tardi, che occuparci dell’Africa ci riguarda, se avessimo un auspicabile senso morale della storia, e ci interessa, realisticamente ed egoisticamente parlando.