Per un dialogo sostanziale / For a meaningful dialogue

(Marco Emanuele) 

Insistiamo sulla mediazione e sul dialogo come uniche possibilità per regolare, secondo umanità, la nostra convivenza sul pianeta. Ma il problema più grande è l’assenza di visione.

La grande trasformazione in atto ci racconta molte cose. Anzitutto che il mondo vive una condizione d’insostenibilità sistemica. In tale contesto, le spinte ossessive sulla realizzazione degli interessi nazionali, pur importanti, rappresentano una miopia da classi dirigenti consumate, di fatto inadeguate. La guerra, con diverse sfumature, fa parte di tali spinte ossessive: perché ogni guerra, ben lo sappiamo, risponde a interessi ed è seguita da ricca ricostruzione. Non ci stupiamo della presenza storica della guerra, pur essendo realisticamente pacifisti: il problema che vediamo è la sua totale assenza di regole, di fatto dimenticati il diritto internazionale e il diritto umanitario. Chiunque usi l’aggettivo ‘immorale’ è nel giusto: si tratta, infatti, non più solo di guerra ma di guerra-per-la-guerra: anche quando è ibrida.

Altresì, la grande trasformazione ci racconta che quando le democrazie si svuotano, per fattori interni ed esterni che ben conosciamo, è facilissimo che esse diventino altra cosa, spesso il loro contrario. E non basta dire che il popolo vota e sceglie: perché il popolo è stanco e confuso, disorientato e disinformato, si esprime con minoranze esasperate. A che punto è la rappresentanza ? Il vento di odio che soffia nei nostri sistemi istituzionali fa la differenza perché cancella la responsabilità civica, livella tutto verso il basso, a cominciare dal dibattito pubblico. Il vento di odio si spinge fino a diventare inaccettabile omicidio politico. La violenza, verbale e fisica, diventa fatto culturale e politico: non sembriamo più in grado di scambiarci differenze intellettuali ma qualcuno deve sempre soccombere.

Mentre la legge della giungla cresce sull’apice di un pensiero lineare in crisi degenerativa, noi – piccola voce – cerchiamo un cambio di passo strategico: crediamo nel multilateralismo, nel valore di istituzioni come le Nazioni Unite (con tutte le necessità di riforma) che si appresta ad accogliere i leader del mondo nella settimana dell’Assemblea Generale. Il nostro messaggio è che il pensiero lineare vada superato, che il dialogo sostanziale possa avvenire solo nel contesto di percorsi visionari che adottino il pensiero complesso come paradigma culturale. La rivoluzione tecnologica può aiutarci: non commettiamo l’errore di sacrificare tutto sull’altare della pericolosa mediocrità dilagante.

(English version) 

We insist on mediation and dialogue as the only possibilities for regulating our coexistence on the planet in a humane manner. But the biggest problem is the lack of vision.

The great transformation currently underway tells us many things. First of all, that the world is experiencing a condition of systemic unsustainability. In this context, the obsessive drive to pursue national interests, however important, represents the short-sightedness of ruling classes that is worn out and, in fact, inadequate. War, in its various forms, is part of this obsessive drive: because every war, as we well know, responds to interests and is followed by rich reconstruction. We are not surprised by the historical presence of war, even though we are realistically pacifists: the problem we see is its total absence of rules, with international law and humanitarian law effectively forgotten. Anyone who uses the adjective “immoral” is right: it is, in fact, no longer just war but war-for-war’s sake, even when it is hybrid.

Likewise, the great transformation tells us that when democracies are emptied, due to internal and external factors that we know well, it is very easy for them to become something else, often their opposite. And it is not enough to say that the people vote and choose: because the people are tired and confused, disoriented and uninformed, they express themselves through exasperated minorities. What is the state of representation? The wind of hatred blowing through our institutional systems makes a difference because it erases civic responsibility and levels everything down, starting with public debate. The wind of hatred pushes itself to the point of becoming unacceptable political murder. Violence, both verbal and physical, becomes a cultural and political fact: we no longer seem able to exchange intellectual differences, but someone must always succumb.

While the law of the jungle grows at the height of linear thinking in degenerative crisis, we – a small voice – seek a strategic change of pace: we believe in multilateralism, in the value of institutions such as the United Nations (with all its need for reform), which is preparing to welcome world leaders during the week of the General Assembly. Our message is that linear thinking must be overcome, that meaningful dialogue can only take place in the context of visionary paths that adopt complex thinking as a cultural paradigm. The technological revolution can help us: let us not make the mistake of sacrificing everything on the altar of dangerous, rampant mediocrity.

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