(Marzia Giglioli)
C’è anche una storia italiana, un uomo che spezzava atomi e che parlava con Einstein
Riflessioni su progresso ed umiltà
“Immaginiamo il futuro. E il futuro ci inorridisce”. Così Openheimer nel film che ha vinto l’Oscar e che esprime la paura che anche oggi viviamo di fronte ad una tecnologia potente come l’intelligenza artificiale di cui non conosciamo i limiti e le dimensioni.
La “sindrome Openheimer” assomiglia alla nostra. La scienza che va oltre noi è un’incognita. Lo sapeva Openheimer e altri come lui.
Mentre Hollywood premia la storia dello scienziato pentito dopo l’uso atroce dell’atomica, vorremmo raccontare una storia legata a un uomo che aveva già dimostrato negli Anni ’20 come si potevano spezzare gli atomi. Ed è una storia tutta italiana.
Chi scrive ha avuto modo di avvicinarsi a questo racconto che è racchiuso nelle lettere conservate nella biblioteca dell’Abbazia di Farfa.
Fu proprio un abate della chiesa a parlarmene molti anni fa raccontandomi di Agostino Zanoni, monaco benedettino e uomo dalle intuizioni visionarie, una specie di Leonardo moderno, autodidatta, capace di spaziare dalla fisica alla medicina. Era amico personale di Giovanni XXXIII che lo andava a trovare in segreto a Farfa per condividere dubbi e segreti con quell’uomo che sapeva parlare di Dio e della Scienza, dei limiti e delle coscienze.
Senza laboratori sofisticati ma solo con il suo pensiero e i suoi libri, Zanoni – nel 1922 – presentò a Barcellona in un consesso scientifico i suoi studi con la dimostrazione teorica della disintegrazione dell’atomo. Rimasero tutti strabilianti dalla prova che l’atomo si potesse spezzare e quegli scritti e quella giornata sono custoditi negli archivi del museo di Scienze di Barcellona.
La storia sembra incredibile. Per quello che andava scoprendo e per avere riscontri incrociati, Zanoni era in stretto contatto con Albert Einstein con il quale per anni condivise il percorso e i processi di indagine e con il gruppo dei ragazzi di via Panisperna, di cui faceva parte Enrico Fermi. Insieme, anche se a distanza, tracciavano il cammino dell’energia nucleare. Con la differenza che Zanoni, giunto molto vicino all’obiettivo, si fermò.
E qui la storia si divide tra conoscenza, obbedienza e umiltà.
L’uomo scienziato avrebbe voluto proseguire perché la ricerca era troppo affascinante per essere abbandonata, ma il monaco ha obblighi morali inscindibili. E scelse così il silenzio. Quello che se ne trae ha molte fisionomie, se ne dovrebbe cogliere la complessità e le ragioni profonde che pongono anche noi di fronte allo stesso dilemma sui limiti e sul punto in cui fermarsi per essere pronti al passo successivo. Forse non lo siamo e per questo abbiamo paura.
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(riproduzione aggiornata citando la fonte)