Il 10 ottobre, munizioni iraniane in sosta sono piovute sui centri urbani dell’Ucraina, tra cui Kiev. Due settimane dopo, le forze israeliane hanno colpito una fabbrica di droni iraniani in Siria (Al Arabiya, 23 ottobre). Ciò ha dimostrato come il programma iraniano di droni sia ormai andato oltre l’Iran, sia in termini di produzione che di impatto operativo. L’Iran è diventato una nazione esportatrice di droni e i droni iraniani stanno creando nuovi punti di infiammabilità in diversi assi geopolitici.
Il programma di Teheran sui droni, tuttavia, non è affatto nuovo. Risale infatti alla guerra di logoramento con l’Iraq degli anni ’80 e si basa su un significativo sforzo di ricerca e sviluppo (R&S) durato decenni. La strategia iraniana per i veicoli aerei senza pilota (UAV) è aggressiva (Farsi Al Arabiya, 23 aprile 2021). Si concentra principalmente sull’utilizzo degli UAV per sostenere le capacità del governo e rafforzare le sue forze per procura all’estero. Guidate dal Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC) e dal suo costruttore di droni Qods Aviation Industries (QAI), alcune delle attuali tecnologie dei droni iraniani sono state sviluppate grazie al reverse engineering di sistemi occidentali che si sono schiantati o sono atterrati sul territorio iraniano o nelle sue vicinanze (compresi quelli che sarebbero stati intercettati o catturati vicino alle sue coste). Ad esempio, alcuni dei sistemi più sofisticati del governo iraniano, tra cui lo Shahed-141 e il 191, sono modellati sull’UAV americano RQ-171 Sentinel, precipitato in Iran alla fine del 2011 (Iran Press, 16 dicembre 2020).
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