POI C’E’ IL MONDO
Immersi nell’infotainment, nel compiaciuto punto a favore (la presenza del Capo dello Stato nel regno della musica popolare) sottolineato da Amadeus con fastidiosa istituzionalità, dentro una mediocrità partitica che ogni giorno commenta vere o presunte boutades imbarazzanti (di maggioranza e di opposizione, sia chiaro), il mondo ci chiama alla responsabilità politica.
Eh si, il Presidente del Consiglio (al governo per tutti gli italiani, astenuti compresi) lo sa bene e, forse (ce lo auguriamo), prova fastidio e irritazione. L’italico cortile, se non può avere speranza concreta di futuro, si soddisfa di spettacolo. Non ci interessa sapere chi abbia ragione su determinate questioni ma salviamo, per amor di Patria, la centralità del tema “civiltà giuridica”.
Ciò che ci interessa dire è che, in un mondo percorso da evidenti e più nascosti cataclismi, ben pochi sembrano guardare alla luna. Il rischio violenza sociale in Italia non è una novità, soprattutto in una fase in cui violenze di diversa natura possono sommarsi e, soprattutto, saldarsi con un crescente disagio sociale. La guerra in Ucraina e la Cina sono entrate, com’era inevitabile, nel discorso sullo Stato dell’Unione di Biden: saranno i palloni in cielo a dettare la nuova geopolitica o, ben più concretamente, la spietata competizione tecnologica e la ridefinizione delle supply chain e della globalizzazione ? E con Kiev, così fino a quando ? Perché si sa, linearità docet, il mantra da problematizzare è ancora democrazie vs autocrazie. Dirlo, per noi, non significa svilire le prime e de-responsabilizzare le seconde: a buon intenditor …
Poi c’è il terremoto in Turchia e in Siria, con le conseguenze devastanti non solo per le popolazioni civili ma anche, geopoliticamente, per l’area medio-orientale. Ma … non finisce qui: che ne sarà del fronte occidentale e della sicurezza dell’Europa ? come affrontiamo le megaminacce e la megacrisi de-generativa nelle quali siamo immersi ?
Questa settimana, mi raccomando, tutti collegati al festival dei festival. Quello non può fallire perché è un grande investimento: poi il popolo ne ha bisogno, verso nuove avventure.