Evochiamo continuamente, e non smetteremo di farlo, il bisogno di Politica. L’Italia, in compagnia di molte democrazie liberali, sta affrontando la tempesta di un periodo storico alquanto complesso. Lo scontro frontale tra posizioni partitiche, visto in Parlamento, è l’ultimo di una lunga serie.
Siamo tra coloro che pensano che, in tutti i partiti, esistano persone serie e altre meno e, al contempo, che i problemi della Storia non possano più essere risolti nella contrapposizione, ormai consumata perché riferita a un mondo che non c’è più, tra destra e sinistra. L’antagonismo non solo è pericoloso ma, ben più semplicemente, non serve. Ciò che sarebbe utile, al contrario, è il confronto-dialogo tra differenti soluzioni, fuori dagli ideologismi e dalle bandierine di parte.
Accuse come quelle sentite ieri, così come la carenza di solidarietà alla parlamentare minacciata dall’universo “anarco-insurrezionalista” (difficilmente definibile perché magmatico, soprattutto nel tempo della “rete”), sono irricevibili.
Il tema di fondo, lo Stato democratico e il suo rapporto sinergico e strategico con il corpo vivente, non può essere ridotto a guerriglia istituzionalizzata, certamente ben mediatizzato a uso e consumo del gossip popolare. E’ ciò che accade.
Per restare ai fatti, l’invito è al dialogo. E, con buona pace di chi urla e fa spettacolo, il possibile saldarsi tra crisi economica e sociale e violenza è dietro l’angolo. Senza drammatizzare, l’appello alle classi dirigenti è di ri-trovare (trovare continuamente) punti di contatto rispetto al bisogno di uscire dalla situazione molto delicata nella quale ci troviamo. Lo Stato forte, lo scrivevamo, è quello che com-prende, che fa della ragione istituzionale un elemento di ri-flessione nella realtà contraddittoria: ragione che diventa ragionevolezza.