La pace nella complessità / Peace in complexity

(Marco Emanuele)

Nel mio libro ‘La grande metamorfosi. Pensiero politico e innovazione’ (2020) evocavo un mondo-in-tre-mondi: innovazione tecnologica e connettività; disagio sociale e disuguaglianze; conflitti guerreggiati e muri. Ponevo il tema di un pensiero politico fermo all’eredità del novecento, bloccato e incapace di percorrere l’ ‘oltre’, lineare, chiuso. Nel nostro lavoro di ricerca nel nuovo umanesimo, per la pace, è decisivo riprendere quell’immagine. Non sembra che la situazione sia migliorata, anzi.

C’è uno scontro in atto, carsico ed evidente allo stesso tempo, che riguarda il nostro approccio alle sfide dei mondi e del mondo: è lo scontro tra un pensiero davvero realistico (complesso, aperto, critico, politico) e il pensiero attualmente dominante (lineare, chiuso, antagonista, a-politico).

Tale scontro è ormai parte del nostro panorama quotidiano, dalla dimensione locale a quella planetaria, e ci mostra un dato preoccupante: tendiamo a negare la complessità che siamo e che generiamo, anzitutto interpretandola come evidenza di fenomeni ‘difficili’ da comprendere e da governare. Lo facciamo perché abbiamo paura di ammettere la nostra incapacità nell’affrontare ciò che è complesso e che non si presenta mai in maniera separata, compartimentata, del tutto prevedibiile.

Il mondo-in-tre-mondi ci mostra il ‘vincolo’ dell’inter-in-dipendenza. Non si tratta di semplicistica interrelazione. Non basta più prendere atto della molteplicità delle culture, ivi comprese le religioni, della molteplicità delle sfide e della loro compresenza: che rivoluzione tecnologica, cambiamenti climatici, emergenze pandemiche, disuguaglianze sociali, guerre facciano parte della nostra vita, e lo facciano insieme, è un dato ormai assodato.

Ciò che dovrebbe interessare ogni essere umano come soggetto storico e le classi dirigenti (dagli intellettuali ai decisori politici, e non solo) è l’inter-in-dipendenza della nostra condizione. Su questo, davvero, ci giochiamo la sostenibilità geostrategica dei mondi e del mondo. Siamo in ritardo perché, dalla caduta del muro di Berlino a oggi, ci siamo piuttosto ‘nutriti’ di illusioni, progressivamente fattesi auto-inganni. La pace, come progetto storico permanente, ci riguarda come costruzione di nuovi possibili, come prospettiva che contribuisca a spezzare le catene della prevedibilità e della competizione a ogni costo. Il tema, infatti, è accogliere l’incertezza, e farlo insieme, per non smarrire la via: o, per i più pessimisti, per ritrovarla.

(English version)

In my book ‘La grande metamorfosi. Pensiero politico e innovazione‘ (2020) I evoked a world-in-three-worlds: technological innovation and connectivity; social disease and inequalities; warlike conflicts and walls. I posed the theme of a political thought stuck in the legacy of the twentieth century, blocked-linear-closed and incapable of navigating the ‘beyond’. In our research work in the new humanism, for peace, it is crucial to take up that image again. It doesn’t seem like the situation has improved, on the contrary.

There is an ongoing clash, karst and evident at the same time, which concerns our approach to the challenges of the worlds and of the world: it is the clash between a truly realistic thought (complex, open, critical, political) and the currently dominant thought (linear, closed, antagonistic, a-political).

This clash is now part of our daily panorama, from the local to the planetary dimension, and shows us a worrying fact: we tend to deny the complexity that we are and that we generate, first of all interpreting it as evidence of phenomena ‘difficult’ to understand and govern. We do it because we are afraid to admit our inability to deal with what is complex and which never presents itself in a separate, compartmentalised, completely predictable way.

The world-in-three-worlds shows us the ‘bond’ of inter-in-dependence. This is not a simplistic interrelationship. It is no longer enough to take note of the multiplicity of cultures, including religions, of the multiplicity of challenges and their co-presence: that technological revolution, climate change, pandemic emergencies, social inequalities, wars are part of our lives, and do it together, is a fact that is now well established.

What should concern every human being as a historical subject and the ruling classes (from intellectuals to political decision-makers, and not only) is the inter-in-dependence of our condition. The geostrategic sustainability of the world and worlds is truly at stake on this. We are late because, from the fall of the Berlin Wall to today, we have rather ‘fed’ on illusions, which have progressively become self-deceptions. Peace, as a permanent historical project, concerns us as the construction of new possibilities, as a perspective that contributes to breaking the chains of predictability and competition at all costs. The theme, in fact, is to welcome uncertainty, and do it together, so as not to lose the way: or, for the most pessimistic, to find it again.

(riproduzione autorizzata citando la fonte – reproduction authorized citing the source)

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