La gara negli oceani per l’estrazione dei metalli strategici

(Marzia Giglioli) 

Si chiama ‘race undersea’ ed è la nuova frontiera sulla quale si stanno misurando i domini e le dipendenze che riguardano l’estrazione dei minerali necessari alle tecnologie innovative e per garantire l’energia pulita.

L’India è sempre più agguerrita nella ricerca sottomarina per estrarre i minerali che si trovano nelle profondità degli oceani e che servono per le tecniche più avanzate e per l’economia green. Il governo di New Delhi ha chiesto nuove licenze per il suo nuovo piano di espansione e attende ora l’ok dall’Autorità internazionale dei fondali marini (ISA), affiliata alle Nazioni Unite. Finora l’ISA ha rilasciato 31 licenze di esplorazione, di cui 30 attive e i Paesi membri si incontreranno questa settimana in Giamaica per discutere le normative relative alla concessione di nuove licenze minerarie.

L’India, che ha già due licenze di esplorazione in acque profonde nell’Oceano Indiano, ha presentato domanda per altre due e se riceverà il nulla osta sarà in vetta tra le principali potenze globali per assicurarsi i minerali necessari soprattutto per l’energia rinnovabile.
La gara si fa sempre più serrata tra i big del mondo per raggiungere gli enormi giacimenti di risorse minerarie come cobalto, nichel, rame, manganese che si trovano a migliaia di metri sotto la superficie degli oceani e che sono essenziali per produrre energia rinnovabile come quella solare ed eolica, i veicoli elettrici e le batterie. Se l’ISA approverà le nuove richieste dell’India, il suo numero di licenze sarà uguale a quello della Russia e uno in meno rispetto alla Cina.

I sostenitori dell’esplorazione dei fondali marini profondi affermano che l’estrazione mineraria sulla terraferma ha quasi raggiunto un punto di saturazione, con conseguente produzione di bassa qualità. Ad aggiungere criticità ci sono le nuove tensioni geopolitiche sulla terra che rimettono in discussione gli equilibri e che spingono verso nuove aree di approvvigionamento.

Ma gli ambientalisti sostengono che i fondali marini profondi sono l’ultima frontiera del pianeta che rimane in gran parte ancora non toccata dall’umanità e l’estrazione mineraria potrebbe causare danni irreparabili. Come scrive la Bbc, circa due dozzine di Paesi – tra cui Regno Unito, Germania, Brasile e Canada – chiedono anche uno stop o una pausa temporanea nell’estrazione mineraria nelle profondità marine, perché c’è una mancanza di informazioni sugli ecosistemi marini in quelle profondità.

Ma la Banca Mondiale ha intanto previsto che l’estrazione di minerali critici dovrà quintuplicare entro il 2050 per soddisfare la domanda di tecnologie energetiche pulite.

(riproduzione autorizzata citando la fonte)

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