La distrazione delle grandi potenze e la sfida del Medio Oriente

(M.E.)

‘La competizione tra grandi potenze, che definisce la geopolitica, è tornata in auge’. Lo scrivono Michael Kimmage (Professor of History at the Catholic University of America and a nonresident Senior Associate with the Europe, Russia, and Eurasia Program at the Center for Strategic and International Studies) e Hanna Notte (Director of the Eurasia Nonproliferation Program at the James Martin Center for Nonproliferation Studies and a Nonresident Senior Associate with the Europe, Russia, and Eurasia Program at the Center for Strategic and International Studies) per Foreign Affairs (12 ottobre 2023).

Cina, Europa, Russia e Stati Uniti avranno un ruolo nel conflitto tra Israele e Hamas. Più in generale, ‘le loro azioni determineranno gli affari globali. Utilizzando la potenza finanziaria e militare di cui dispongono per guerre per procura, rimarranno intensamente concentrate l’una sull’altra. Ogni volta che una di esse agirà, le altre risponderanno di conseguenza’.

‘La guerra della Russia contro l’Ucraina’, scrivono Kimmage e Notte, ‘può essere interpretata come un esempio tradizionale di competizione tra grandi potenze. Secondo il Presidente russo Vladimir Putin, la sua invasione è stata un atto di resistenza alla supremazia americana in Europa. Sia la Russia che gli Stati occidentali stanno raccogliendo il sostegno globale per quella che considerano una lotta esistenziale tra valori e tipi di regime. La guerra in Ucraina ha infatti acuito le tensioni tra Russia, Stati Uniti ed Europa. E, come per le crisi di Berlino nei primi anni della Guerra Fredda, la guerra in Ucraina si è irradiata all’esterno, generando ondate di nuovi migranti e scatenando l’inflazione’.

Attenzione, però, ai rapporti tra queste potenze perché esse ‘non sono più un binomio. Gli Stati Uniti e l’Europa sono legati da alleanze formali, mentre la Cina e la Russia hanno un rapporto di collaborazione non vincolante; per lo più, fanno il possibile per non ostacolarsi a vicenda. Nuove forme di competizione militare, economica e tecnologica, come i sussidi statunitensi per le tecnologie verdi, mettono Europa e Stati Uniti l’uno contro l’altro, mentre la profonda interdipendenza economica di Stati Uniti e Cina li rende avversari irriducibili. La politica interna tossica ostacola le ambizioni internazionali delle grandi potenze’.

Notano gli Autori che ‘la distrazione delle grandi potenze comincia a sembrare più una maledizione collettiva. I vuoti di potere stanno proliferando. In Africa, nei Balcani, in Medio Oriente e nel Caucaso meridionale, vecchi conflitti, alcuni dei quali erano rimasti sopiti, si stanno riaccendendo in nuove crisi. Le medie potenze e gli attori locali si stanno impegnando sempre più audacemente. Molto spesso le grandi potenze finiscono per assistere impotenti’.

Il quadro dei prossimi mesi sarà di un Medio Oriente che guarderà inevitabilmente alle grandi potenze. Ma, secondo Kimmage e Notte, le troverà disorientate. ‘La Russia dipende dall’Iran per gli aiuti militari. Gli Stati Uniti daranno probabilmente un sostegno significativo a Israele, ma avranno difficoltà a portare i palestinesi al tavolo delle trattative. La Cina potrebbe offrire generosamente frasi di circostanza sulla pace, ma cercherà di evitare qualsiasi tipo di coinvolgimento diretto, e l’Europa si troverà in gran parte senza influenza. Se questo scenario ambivalente si realizzerà, sarà un microcosmo dell’ordine internazionale del XXI secolo’.

Gli Autori tracciano similitudini tra le grandi potenze.

‘Come risultato delle frustrazioni in Ucraina, il modus operandi della Russia nel Nagorno-Karabakh è diventato sempre più passivo nell’ultimo anno. Nel dicembre 2022, facendo leva sulla fragilità della Russia, l’Azerbaigian ha messo alla prova i limiti armeni di lunga data bloccando il corridoio di Lachin, l’unica strada che collega l’Armenia al Nagorno-Karabakh. Dopo che le forze di pace russe non sono riuscite a sbloccarlo, l’Azerbaigian e il suo principale alleato, la Turchia, hanno giustamente giudicato la Russia un imperatore senza vestiti. L’offensiva di settembre ha provocato un esodo di massa degli armeni dall’enclave. Da lontano, la Russia ha crudelmente suggerito che i guai dell’Armenia erano autoinflitti, il prezzo da pagare per la sua deriva verso ovest’.

‘Da tempo l’Europa cerca di usare il suo sostanziale soft power per far valere i suoi valori (…) nelle crisi mondiali. Dalla primavera araba e dalla discesa della Siria nella catastrofe, tuttavia, l’Europa fatica a mettere in pratica la sua visione. È una grande potenza asimmetrica: la potenza militare dell’Europa non è pari alla sua potenza economica. Poiché le sue forze armate sono disperse in una manciata di entità diverse – Stati sovrani e NATO – l’Europa non può proiettare la potenza militare con la stessa rapidità della Russia o degli Stati Uniti’.

Gli europei ‘sono rimasti scioccati dall’aggressione della Russia all’Ucraina. La guerra era tornata sul continente e l’Europa aveva bisogno di salvaguardarsi militarmente. Desiderosa di porre fine alla guerra russa a condizioni europee, l’Europa ha contribuito a tenere a galla lo sforzo bellico dell’Ucraina, ma l’ha anche impantanato nell’incertezza. L’Europa è stata spesso in ritardo rispetto agli Stati Uniti nel sostenere le difese dell’Ucraina e la guerra ha messo in luce le sue debolezze come forza sulla scena internazionale. Molti Stati nazionali dell’UE non sono allineati nei loro interessi e nelle loro priorità strategiche’. In sostanza, ‘l’assetto politico dell’Europa si oppone a una politica estera proattiva’.

‘Di fronte all’offensiva dell’Azerbaigian e alla fuga di massa degli armeni dal Nagorno-Karabakh, alle nuove tensioni tra Kosovo e Serbia e alla guerra civile in Sudan, l’Europa è stata più spettatrice che mediatrice efficace. In Africa, le nazioni postcoloniali non hanno dimenticato le depredazioni del passato coloniale dell’Europa e, in una serie di colpi di stato in Burkina Faso, Mali, Niger e nel Sahel, hanno espulso le forze militari europee e persino alcuni ambasciatori. L’UE non ha dato alcuna risposta concreta’.

Gli Stati Uniti rimangono la più grande potenza a livello mondiale. Gli asset strategici di Washington, ‘dall’economia alle istituzioni di intelligence fino alle forze armate, non hanno eguali’.

‘L’amministrazione del presidente Joe Biden ha riportato l’attenzione sul ruolo internazionale degli Stati Uniti, e non solo in Europa. Per competere con la Belt and Road Initiative cinese, gli Stati Uniti hanno presentato un piano al recente vertice del G-20 a Nuova Delhi per investire in un nuovo corridoio economico che rafforzerà i trasporti e i collegamenti commerciali tra l’Unione Europea, l’India e il Medio Oriente. Washington ha anche recentemente rafforzato i suoi partenariati nell’Indo-Pacifico e il team di Biden si è impegnato a fondo nei nuovi sforzi di Israele per normalizzare le relazioni con gli Stati arabi vicini, soprattutto con l’Arabia Saudita. Con l’aiuto di Washington, si stanno facendo progressi sul cambiamento climatico’.

Altrettanto, notano gli Autori, Washington si è molto concentrata sulla guerra in Ucraina e ha trascurato la crisi nel Nagorno Karabakh (‘non ha tracciato alcuna linea guida credibile per il governo azero’) e si è mossa in maniera ‘episodica’ rispetto alle crisi in Africa Occidentale. ‘Come il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, Biden è stato colto completamente alla sprovvista dal recente attacco di Hamas’.

Kimmage e Notte sottolineano che, ‘se gli Stati Uniti stanno vacillando come grande potenza’, le ragioni sono da ricercare nella politica interna. ‘Grazie alle resistenze del Congresso, molte delle posizioni diplomatiche più importanti degli Stati Uniti non sono attualmente occupate. Distratti dalla disunione, gli Stati Uniti danno agli altri Paesi un’impressione di incostanza, che impedisce loro di agire con determinazione’.

‘La Cina’. secomdo gli Autori, ‘è la più problematica tra le grandi potenze contemporanee’. ‘L’aver evitato la guerra ha accresciuto il prestigio della Cina nel Sud globale e ha rafforzato la sua reputazione di potenza economica, di superpotenza del commercio e degli scambi piuttosto che di provocatore geopolitico. Il presidente cinese Xi Jinping non ha ancora invaso Taiwan e potrebbe non farlo mai. La Cina ha a disposizione una potenza militare più concentrata di quella europea e, usandola di rado, è meno esposta della Russia e degli Stati Uniti’.

‘Tuttavia, la Cina non ha tradotto il suo peso economico e la sua reputazione di non aggressione in una gestione efficace dei problemi globali’. Gli Autori criticano la proposta del piano di pace per l’Ucraina e la partnership ‘senza limiti’ con Mosca. ‘Pechino mantiene un’importante relazione industriale di difesa con Mosca e, nei forum internazionali, protegge la Russia dalle critiche. La posizione confusa della Cina sulla guerra ha solo sottolineato la sua assenza diplomatica dall’Europa’.

‘A marzo, con grande clamore, Pechino ha annunciato un accordo di pace tra l’Arabia Saudita e l’Iran e ha proclamato il suo desiderio di creare un accordo simile tra Israele e i palestinesi. Finora, tuttavia, gli sforzi della Cina non hanno contribuito in alcun modo a una pace e a una stabilità durature nella regione’.

Dal Medio Oriente verrà qualcosa di nuovo ? ‘La guerra civile in Siria, iniziata nel 2011, ne è stata un presagio. Un singolo Paese è diventato il luogo di molteplici campi di battaglia contesi da una miriade di avversari: i terroristi dello Stato Islamico (ISIS); la Turchia e i curdi; Israele e l’Iran; un autocrate – Bashar al-Assad – e i suoi antagonisti democratici; e la Russia e gli Stati Uniti, i cui eserciti convivevano curiosamente nella regione, né allineati né ai ferri corti. C’è il rischio che la nuova guerra di Israele contro Hamas possa espandersi in una conflagrazione altrettanto ingombrante, coinvolgendo vicini come il Libano e la Siria’.

Kimmage e Notte evidenziano che ‘l’attuale cocktail di competizione e distrazione pone un problema che il mondo non è preparato ad affrontare. Le tensioni provengono ora da due fonti distinte e spesso sovrapposte: la collisione delle ambizioni delle grandi potenze in Europa, Medio Oriente e Asia e la paralisi e la passività delle grandi potenze al di fuori di alcuni punti caldi. Si assiste così a una profusione di crisi in cui si scontrano medie potenze, piccole potenze e persino attori non statali, che le grandi potenze non riescono né a dissuadere né a contenere’.

La distrazione delle grandi potenze genera problemi strategici ‘perché invita al revisionismo e all’assunzione di rischi aggressivi da parte di altri attori. L’Azerbaigian è tutt’altro che una superpotenza: la sua popolazione è di circa dieci milioni di persone. Eppure ha potuto agire impunemente nel Nagorno-Karabakh. Hamas non è affatto uno Stato, ma ha avuto il coraggio di attaccare un Paese con un esercito di livello mondiale e partner internazionali, tra cui gli Stati Uniti’.

‘Mentre le tensioni in Medio Oriente ribollono, la competizione tra grandi potenze, intesa in senso classico, non può essere l’unico punto di riferimento e strumento di analisi del mondo. Questa non è un’epoca di rafforzamento dell’ordine internazionale. Non è semplicemente un’altra epoca di competizione tra grandi potenze. È un momento di frammentazione anarchica del potere, un’epoca di distrazione delle grandi potenze’.

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