(Carlo Rebecchi)
La tensione è sempre più alta in Medio Oriente. L’ ennesimo tentativo di Antony Blinken di ottenere il via libera per un cessate al fuoco a Gaza continua a scontrarsi con i veti incrociati, a motivazioni diverse, di Hamas e di Benjamin Netanyahu. A Gaza l’esercito israeliano bombarda senza tregua Khan Yunis, la roccaforte di Hamas a poca distanza da Rafah, dove si sono rifugiati centinaia di migliaia di palestinesi sfollati dal nord della Striscia e dove un attacco provocherebbe moltissimi morti civili. Paesi arabi vicini sono inquieti e preoccupati. Un attacco a Rafah “avrebbe ripercussioni pericolose”, ha ammonito l’Arabia Saudita. L’Egitto, nel caso avvenissero dalla Striscia sconfinamenti di massa nel suo territorio, potrebbe sospendere il Trattato di pace con Israele del 1979. E dagli Houti arrivano nuove minacce contro l’Italia, che avrà il comando tattico della missione euro-americana “Aspides” nel Mar Rosso: l’Italia “mette a repentaglio la sicurezza delle sue navi militari e commerciali”, ha dichiarato all’ Adn-Kronos il vicecapo dell’Autorità per i media degli Ansar Allah, gli Houthi yemeniti.
Il quadro sopra descritto fa capire quanto sia complicato sbrogliare una matassa di interessi contrapposti così complessi quale è la situazione determinata nel Medio Oriente dall’attacco di Hamas, il 7 ottobre scorso, contro Israele. Morirono quel giorno 1200 persone, alcune centinaia furono prese in ostaggio, una parte è ancora nelle mani di Hamas. La risposta israeliana avrebbe già provocato secondo fonti palestinesi più di 30.000 morti, in maggioranza donne e bambini.
The Global Eye ha sentito il parere di Mario Boffo, ex ambasciatore d’Italia nello Yemen e in Arabia Saudita.
Mario Boffo: “Nel Medio Oriente operano le potenze regionali che tutti conosciamo bene – Israele, Iran, Arabia Saudita e via dicendo – ma anche tutta una galassia di movimenti filoiraniani sparsi tra Libano, Siria, Iraq, e fino in Pakistan, i cosiddetti “proxy” – che si muovono in solidarietà con i palestinesi e Hamas e contro Israele e gli Stati Uniti. I più attivi sono stati in passato gli Hezbollah, adesso è il turno degli Houthi. Gli americani contrastano questi movimenti con interventi militari, combattono e colpiscono gli avversari che considerano pericolosi per i loro interessi. Ma si tratta di confronti asimmetrici: contro un esercito si può vincere. Ma qui è diverso, perché i movimenti e i loro leader si rigenerano, anche dopo che capi e militanti siano stati eliminati. Soprattutto nei riguardi di movimenti che abbiano profonde radici politiche e sociali. Naturalmente contano anche le egemonie incrociate di altri Paesi della regione: Arabia Saudita, Iran, Israele”.
E davanti a questo il dialogo si è bloccato…
Mario Boffo: “Invece è lì che bisognerebbe andare avanti: mandando avanti trattative politiche e diplomatiche. Un esempio? La questione del nucleare iraniano. Se andasse in porto, con la conseguente levata delle sanzioni, anche l’Iran sarebbe interessato a sospendere i suoi programmi egemonici. Invece cosa si fa? Si colpisce, si bombarda. Non mi sfugge tutto quello che è successo negli ultimi anni. Però, almeno a livello concettuale, bisogna perseguire modalità diplomatiche. Non è un sogno irrealizzabile, semmai una provocazione: nella storia abbiamo assistito a guerre che ad un certo punto portavano a una soluzione. Questa in Israele dura da 75 anni; in un pari lasso di tempo sono avvenute due guerre mondiali, c’è stata la nascita e la caduta dell’ Unione Sovietica, abbiamo fatto l’Europa. Ma il Medio Oriente non evolve da suoi tragici paradigmi. Anche in Ucraina, del resto, la guerra ristagna e non promette minimamente di modificare la situazione. Allora, se la guerra non è più in grado di risolvere una questione, dico: fermiamola. E parliamo”.
Se dialogo c’è stato, è avvenuto tra occidentali per organizzare la missione nel Mar Rosso..
Mario Boffo. “Adesso tu mi vuoi portare a dire che l’Europa è un pò acriticamente al seguito degli Stati Uniti. E io lo dico. Ma c’è un risvolto. Attenzione, mentre l’adesione acritica è verissima per la guerra in Ucraina, dove l’Europa si è appiattita assolutamente sugli Stati Uniti, va detto che in ciò che succede nel Mar Rosso sono in campo il benessere e le condizioni di vita dell’Europa e dell’Italia. E quindi l’Italia e l’Europa ci devono essere. Io auspico che l’intervento della marina militare europea sia veramente difensivo, cioè miri ad abbattere i droni e missili che attacchino le navi commerciali, e che la missione non si spinga a bombardare a terra, perché non servirebbe a niente. Gli Houthi sono ormai una piccola potenza militare, governano un quarto dello Yemen, si fabbricano da soli molte armi, hanno una politica autonoma. Sono alleati dell’Iran ma non sono un puro terminale di cieca obbedienza iraniana, nutrendo anche visioni autonome e radicate nella storia dello Yemen. Spero che ci si attenga a regole d’ingaggio puramente difensive. Detto questo, la missione non riabilita l’evidente sostanziale irrilevanza dell’Europa nei grandi temi internazionali. E penso anche alla guerra in Ucraina, dove l’Europa, pur nella lealtà atlantica, non ha saputo ritagliarsi un approccio di pur relativa autonomia politica.
Eppure il Mediterraneo allargato al Medio Oriente è pur sempre casa nostra…
Mario Boffo: “Ci sarebbe voluta un’interlocuzione euroamericana all’interno di tutto ciò che sta avvenendo nel mondo, ma non ne siamo stati capaci, perché abbiamo perso capacità di interlocuzione. Per quanto riguarda la Palestina, in realtà l’unica cosa possibile è che gli Stati Uniti si rendano conto essi stessi, e alcuni movimenti di protesta negli Usa sembrano avere un qualche ragionevole ascolto, che non possono più sostenere Israele nel gestire il rapporto con i palestinesi in questo modo. Il problema è Gaza? e allora risolviamo il problema di Gaza. Un pò ci stanno provando, ma in maniera molto leggera. Il problema non è solo in queste giornate di crisi, è un problema quasi secolare, che andrebbe ripensato. Non mi chiedere soluzioni, due Stati o altro, l’importante è capire se i palestinesi hanno diritto, come io penso, ad essere un popolo rispettato e come questo si possa realizzare. Se si dialoga le soluzioni si trovano. Il problema è cambiare paradigma. Il paradigma adesso è che lo stato di Israele non solo deve essere l’unico, con il sostegno del governo americano, a condizionare la Palestina. Ma, essendo l’unico a possedere l’atomica e a valersi dell’incondizionato appoggio americano, condiziona in modo pesante tutte le possibili prospettive in questa grande area del mondo”.
E gli Stati della Regione stanno a guardare…
Mario Boffo: “Stanno parlando poco e operando poco. L’Egitto, perché qualunque cosa succeda in Israele finisce anche per interferire con le sue vicende. L’Arabia Saudita ha in progetto l’intesa con lo stato di Israele conosciuta come Piani di Abramo, e non vuole comprometterla. E c’è anche un tentativo, favorito dalla Cina, di normalizzare i rapporti dell’Arabia Saudita e dell’Iran. Teheran fa la voce grossa ma non vuole una guerra guerreggiata. Ci sono insomma tante cose in evoluzione e i paesi arabi temono che possano essere ostacolate da cambiamenti non adeguatamente preparati. Immagino inoltre che sia molto difficile prendere posizioni nette in questo momento in cui ci stiamo avvicinando a importanti elezioni negli Stati Uniti, cui molti guardano, con auspici o con timori. Il rischio è che si mantenga questo “stallo bellico” in attesa di vedere come alcuni aspetti delle guerre saranno influenzati dai risultati elettorali prossimi o futuri di Biden, Zelensky, e dello stesso Netanyahu”.
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