Il 17 ottobre, due lavoratori migranti provenienti dallo Stato indiano settentrionale dell’Uttar Pradesh, venuti a lavorare nella Valle del Kashmir, sono stati uccisi in un attacco con granate nel distretto di Shopian, in Jammu e Kashmir (J&K). Solo due giorni prima, un Pandit kashmiro (indù di origine kashmira) è stato ucciso a colpi di pistola fuori dalla sua casa nello stesso distretto. Queste uccisioni sono le ultime di una serie di attacchi dei militanti contro i pandit kashmiri e gli immigrati non kashmiri provenienti da altre parti dell’India.
Secondo la polizia indiana, l’attacco con granate che ha ucciso i due braccianti è stato opera di “militanti ibridi” e di “militanti senza volto”. E’ stato posto l’accento su come l’attuale fase della militanza in Kashmir sia diversa dalla militanza guidata dai social media del periodo 2014-2019 e dalle fasi precedenti, quando i militanti venivano addestrati in Pakistan o nelle foreste del Kashmir. La domanda chiave, quindi, è la seguente: perché quest’ultima ondata di militanza in Kashmir è particolarmente preoccupante per l’establishment di sicurezza indiano?
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