Il 17 marzo, la Corte penale internazionale ha annunciato di aver emesso mandati di arresto per il presidente russo, Vladimir Putin, e per il suo commissario per i diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, per crimini di guerra relativi al trasferimento e alla deportazione forzata di bambini ucraini. Non è la prima volta che la Corte ha mosso accuse contro un capo di Stato in carica; nel 2009 ha chiesto l’arresto di Omar al-Bashir, l’ormai ex presidente del Sudan. Ma non c’è dubbio che il mandato per Putin rappresenti il momento più drammatico nella storia di due decenni della Corte, dato lo status della Russia come membro permanente del Consiglio di Sicurezza e la diffusa condanna internazionale della sua invasione dell’Ucraina. Quattordici anni dopo, nonostante la perdita del potere, Bashir non è ancora stato consegnato alla Corte penale internazionale. Questo fallimento ha rafforzato la critica più comune al diritto penale internazionale: cioè che esso pretende di ritenere gli individui responsabili di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio e aggressione, eppure solo una percentuale infinitesimale di questi crimini è stata perseguita. La comunità internazionale sarà in grado di fare dei numerosi crimini internazionali commessi durante l’invasione russa dell’Ucraina, compreso il crimine dell’invasione stessa, un’eccezione?
Can International Law Bring a Measure of Justice to Ukraine? | Russia Matters