(Marzia Giglioli)
Gli Stati Uniti sperano ancora per Gaza di concludere un accordo di cessate il fuoco entro l’inizio del Ramadan, che cade il 10 marzo.
Ma ormai davvero in pochi credono a una tregua. Le parole e le speranze si infrangono sui no incrociati di Israele ed Hamas.
Sono ore frenetiche con la Casa Bianca che incalza sul fronte della mediazione e c’è un giro di incontri di cui purtroppo non si vede l’esito, mentre la popolazione palestinese vive ogni giorno di più una strage umanitaria e cresce l’angoscia per la sorte degli ostaggi israeliani.
I civili a Gaza sono allo stremo, gli aiuti alimentari inviati dal cielo sono insufficienti e la situazione umanitaria è insostenibile. Tra gli appelli internazionali anche quello del Papa con il suo grido “fermatevi”, ma la diplomazia sembra inerme. Il vicepresidente americano Kamala Harris esorta Israele a fare di più per consentire gli aiuti “perché la gente a Gaza sta morendo di fame e la nostra comune umanità ci obbliga ad agire”. Queste ultime dichiarazioni, tra le più dure finora pronunciate dall’amministrazione Biden, sono arrivate a ridosso dell’incontro con Benny Gantz, membro del Gabinetto di guerra israeliano ed esponente dell’opposizione: ora gli occhi sono puntati proprio sull’esito dell incontro. Gantz vede anche il Segretario di Stato americano Antony Blinken. Mentre l’inviato americano Amos Hochstein è andato a Beirut.
Sul Mar Risso, intanto, la guerra si “globalizza” con l’attacco degli Houti alla nave Duilio che allarga il fronte. Quella degli Houti è una strategia “dai mille tagli” che agiscono per creare perenne tensione e usare il Mar Rosso come arma economica potente da intensificare o da dosare. Intanto, dietro le quinte del conflitto di Gaza, Teheran tesse la tela per garantire il ruolo di Hamas e cercare di spostare il fronte diplomatico con nuovi attori protagonisti.
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