Disumanità / Inhumanity

(Marco Emanuele) 

Disumanità è oltraggio e negazione di ogni principio di umanità: se ciò è tipico delle guerre, nel tempo che viviamo è saltato ogni principio etico.

Frasi come ‘occupazione totale’ mostrano la liberazione di ogni spirito animale, incontrollabile per volontà e per scelta. La radicalizzazione nel proprio particolare avviene senza alcuna considerazione per le conseguenze sistemiche: se Gaza è diventato paradigma e laboratorio di disumanità, nel mondo sono troppi i luoghi di morte.

La disumanità nel tempo della inarrestabile rivoluzione tecnologica dovrebbe interrogarci pesantemente: e invece no, la mediatizzazione sembra renderci assuefatti, prigionieri in posizione di parte, incapaci di calarci nelle tragedie che la storia ci consegna. La disumanità è diffusa, a cominciare dall’indifferenza.

L’avanzata del progresso tecnologico va in direzione ostinata e contraria rispetto alla qualità delle democrazie e, soprattutto, rispetto alla salvaguardia della vita in quanto tale. Lo ribadiamo: se il tempo è tragico, tale condizione offre infinite possibilità di immaginare nuovi futuri.

Le nostre parole non incideranno sul futuro dei gazawi, degli ucraini, e delle tante comunità umane che sono vittime del male banale: ma le parole di pace e di dialogo possono aprire nuove prospettive, aiutarci a ripensare per ritrovare quei basici principi di umanità che oggi abbiamo messo da parte, e molto spesso calpestato. Senza essere moraleggianti, ma volendo essere realisti, stiamo toccando il fondo: se l’intelligenza può diventare artificiale, la disumanità e la morte sono umane, troppo umane.

(English version) 

Inhumanity is an affront and denial of every principle of humanity: while this is typical of war, in the times we live in, every ethical principle has been abandoned.

Phrases such as “total occupation” reveal the liberation of every animal spirit, uncontrollable by will or choice. Radicalisation in one’s own particular sphere occurs without any consideration for the systemic consequences: if Gaza has become a paradigm and laboratory of inhumanity, there are too many places of death in the world.

Inhumanity in this age of unstoppable technological revolution should make us seriously question ourselves, but instead, media coverage seems to have made us numb, prisoners of our own biases, unable to immerse ourselves in the tragedies that history throws at us. Inhumanity is widespread, starting with indifference.

The advance of technological progress is moving in a direction that is stubbornly contrary to the quality of democracies and, above all, to the preservation of life as such. We repeat: if the times are tragic, this condition offers endless possibilities for imagining new futures.

Our words will not affect the future of the Gazans, the Ukrainians, and the many human communities that are victims of banal evil, but words of peace and dialogue can open up new perspectives, help us to rethink and rediscover those basic principles of humanity that we have set aside and, very often, trampled on. Without being moralistic, but wanting to be realistic, we are hitting rock bottom: if intelligence can become artificial, inhumanity and death are human, all too human.

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