Biden, come fermare l’Iran senza provocare la guerra

(Carlo Rebecchi)

La risposta militare Usa all’uccisione per mano delle milizie iraniane dei tre soldati americani in Giordania è già stata decisa, le modalità non ancora. Il presidente degli Stati Uniti ha anticipato che sarà “durissima” ed è probabilmente davanti a quella che è la scelta più difficile da quando è alla Casa Bianca: come dare il via a una rappresaglia senza innescare una guerra regionale. E tenendo conto degli effetti della scelta nella prospettiva delle elezioni presidenziali di novembre, dato che Biden è accusato da Repubblicani di essere troppo debole nei confronti dell’Iran e anche nel suo partito, quello democratico, c’è malcontento e irritazione per la libertà lasciata al premier Netanyahu di condurre una guerra che colpisce soprattutto i civili.
Proprio per evitare l’allargamento del conflitto gli Stati Uniti hanno cercato fino a ora di limitare al massimo le loro risposte agli attacchi delle milizie filo-iraniane – poco meno di duecento dal 7 ottobre ad oggi – mentre con le ripetute missioni del segretario di Stato Antony Blinken hanno puntato tutto sulla ricerca di un percorso diplomatico, che è stato però bloccato dall’intransigenza di Netanyahu ed ha alimentato la combattività anti-israeliana e anti-americana. Dal 7 ottobre, le milizie filo-iraniane hanno colpito più di 180 volte. Fino a quando, lunedì scorso, quel che prima o poi doveva accadere è accaduto. Ed è chiaro che i primi morti americani dal 7 ottobre non possono essere ignorati.
Secondo gli addetti ai lavori che seguono le vicende del Pentagono, vista l’inefficacia della strategia “prudente” portata avanti finora, tra le ipotesi “di lavoro” ci potrebbe essere o un raid diretto – ma non rivendicato – in territorio iraniano o l’uccisione mirata di qualche figura di spicco del regime iraniano. La prima ipotesi, che sarebbe un avvertimento tipo “non vogliamo la guerra ma se continuate a utilizzare le milizie contro di noi essa sarà inevitabile”, rischia però di accentuare l’insicurezza nell’area, e magari di coinvolgere gli Hezbollah con attacchi missilistici contro il Nord di Israele più massicci di quanto sono già oggi.
Non meno pericolosa, quanto alla possibilità di un’estensione dell’attuale conflitto, sarebbe in ogni caso anche la decisione di colpire dallo spazio una personalità del regime iraniano. Una scelta del genere fu quella fatta nel gennaio del 2020 dall’allora presidente Trump, quando autorizzo il raid che uccise il generale iraniano Qassem Soleimani all’aeroporto di Baghdad. Oppure gli americani potrebbero colpire direttamente le milizie filo-iraniane in Siria e in Iraq, oltre che nello Yemen. In ogni caso una escalation sembra scontata.

(riproduzione autorizzata citando la fonte)

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