Per una rinnovata filosofia della storia / Towards a renewed philosophy of history

(Marco Emanuele)

Siamo già nell’oltre: la rivoluzione tecnologica trasforma tutto, a cominciare dalla nostra natura umana. Il pensiero lineare va superato e non è più possibile attendere. Con esso, occorre superare l’approccio giudicante di una cultura sull’altra e/o sulle altre: nessuno, infatti, possiede la verità della Storia e nessun punto di vista può esaurire la complessità di fenomeni mai visti prima per radicalità, trasversalitò, profondità d’impatto.

C’è complessità nella complessità e a trovarsi arretrato è il pensiero. La rivoluzione tecnologica entra continuamente nelle nostre vite, generando grandi opportunità e altrettanti rischi: lo fa senza chiedere permesso e, soprattutto, senza arrestarsi di fronte a qualsivoglia frontiera o barriera. Opportunità e rischi si compenetrano tra evoluzione e involuzione, nel pieno delle nostre differenze e contraddizioni.

Il ‘valore’ (qui inteso in senso strategico e qualitativo) delle tecnologie della nuova ondata non parla una sola lingua: Cina, USA, Europa, India, medie potenze hanno visioni delle tecnologie che differiscono le une dalle altre. E non è solo questione di potere (chi vince su chi): è un tema che riguarda ia riconfigurazione dei rapporti tra esseri umani e che tocca direttamente le frontiere della pace, della giustizia, della sicurezza. La rivoluzione tecnologica è tutt’altro che un fenomeno solo tecnico: è politico, sociale, etico, economico, giuridico. In una parola, è complesso.

Chiunque dovrebbe capire che abbiamo bisogno di una rinnovata filosofia della storia. Una filosofia che si cali nella realtà, cercando di ricongiungere ciò che è disperso, ripensando nuove idee di stabilità strategica per nuovi futuri: il concetto di ordine mondiale che conoscevamo è stato definitivamente archiviato e non ritornerà.

In gioco c’è l’uomo. Le tecnologie ci mettono ancor di più di fronte all’eterno ‘chi siamo e chi diventiamo ?’. Ebbene si, anche se gli orizzonti tecnologici ci parlano di strumenti in grado di pensare e di agire autonomamente, la responsabilità umana di creatori non può essere abbandonata: ma non può essere una responsabilità burocratica e legata a paradigmi novecenteschi o anche precedenti. Quale pensiero è necessario per incontrare e capire ciò che accade che diventa progressivamente sempre più geostrategico e complesso ? Gli intellettuali escano dalle loro torri d’avorio, il tempo è arrivato: gli specialisti entrino in dialogo perché ogni singola competenza è necessaria ma non più sufficiente.

(English version) 

We are already beyond: the technological revolution is transforming everything, starting with our human nature. Linear thinking must be overcome, and we can no longer wait. With it, we must overcome the judgemental approach of one culture towards another and/or others: no one, in fact, possesses the truth of history, and no point of view can exhaust the complexity of phenomena never before seen in terms of radicalism, transversality and depth of impact.

There is complexity within complexity, and it is our thinking that is lagging behind. The technological revolution is constantly entering our lives, generating great opportunities and just as many risks: it does so without asking permission and, above all, without stopping at any border or barrier. Opportunities and risks intertwine between evolution and involution, in the midst of our differences and contradictions.

The “value” (here understood in a strategic and qualitative sense) of the new wave of technologies does not speak a single language: China, the US, Europe, India and medium-sized powers have different visions of technology. And it is not just a question of power (who wins over whom): it is an issue that concerns the reconfiguration of relationships between human beings and directly touches on the frontiers of peace, justice and security. The technological revolution is far from being just a technical phenomenon: it is political, social, ethical, economic and legal. In a word, it is complex.

Everyone should understand that we need a renewed philosophy of history. A philosophy that is grounded in reality, seeking to reconnect what has been scattered, rethinking new ideas of strategic stability for new futures: the concept of world order as we knew it has been definitively shelved and will not return.

What is at stake is humanity. Technologies confront us even more with the eternal question “who are we and who are we becoming?”. Yes, even if technological horizons speak to us of tools capable of thinking and acting autonomously, the human responsibility of creators cannot be abandoned: but it cannot be a bureaucratic responsibility linked to twentieth-century or even earlier paradigms. What kind of thinking is needed to encounter and understand what is happening, which is becoming increasingly geostrategic and complex? Intellectuals must come out of their ivory towers, the time has come: specialists must engage in dialogue because every single skill is necessary but no longer sufficient.

Latest articles

Related articles