Per un dialogo laico e incarnato / For a secular and embodied dialogue

(Marco Emanuele)

Fermare l’odio. Poche parole per significare ciò di cui abbiamo davvero bisogno.

Se l’odio ci appartiene, la legge della giungla nella quale siamo immersi lo alimenta. Non è questione di parte politica ma di minima civiltà condivisa: l’odio sta diventando parte integrante delle relazioni interpersonali e internazionali, nuovo paradigma.

E’ come se i problemi generati dalla globalizzazione, nella quale abbiamo creduto come un dogma, avessero scatenato quelle forze profonde pronte a liberarsi attraverso un consenso emotivo che rischia di fare delle democrazie il loro contrario.

Ora, il dogma della globaliizzazione, politicamente pressoché religioso, viene contrastato – spesso in nome di Dio – con il ritorno alle piccole patrie e con tutto l’armamentario di propagande che ascoltiamo ogni giorno. Ciò che non ascoltiamo, purtroppo, è una critica laica e ragionata su ciò che non ha funzionato e ciò che vediamo è l’assenza di visioni e di strategie alternative alla legge della giungla: se il multilateralismo, unica strada possibile, viene attaccato, chi dovrebbe difenderlo non ha idee vincenti su come farlo prevalere.

Chi si crede inviato da Dio per salvare il mondo vive, e fa vivere, nell’auto-inganno permanente. Perché Dio non vuole alcunché di ciò che accade ma solo che gli uomini cerchino il rispetto, la giustizia e la pace. Tocca a noi, credenti o meno, dimostrare che il mondo è la nostra casa, che il nostro personale destino è planetario, che l’odio vince se il dialogo non si incarna nella maggioranza degli esseri umani come fatto strategico.

(English version) 

Stop the hatred. A few words to express what we really need.

If hatred is part of us, the law of the jungle in which we are immersed feeds it. It is not a question of political affiliation but of basic shared civility: hatred is becoming an integral part of interpersonal and international relations, a new paradigm.

It is as if the problems generated by globalisation, in which we believed as a dogma, had unleashed those deep forces ready to break free through an emotional consensus that risks turning democracies into their opposite. Now, the dogma of globalisation, which is almost religious in political terms, is being opposed – often in the name of God – with a return to small homelands and all the propaganda we hear every day.

What we do not hear, unfortunately, is a secular and reasoned critique of what has not worked, and what we see is the absence of visions and strategies alternative to the law of the jungle: if multilateralism, the only possible path, is attacked, those who should defend it have no winning ideas on how to make it prevail.

Those who believe themselves to be sent by God to save the world live, and cause others to live, in permanent self-deception. Because God does not want any of what is happening, but only that men seek respect, justice and peace. It is up to us, believers or not, to show that the world is our home, that our personal destiny is planetary, that hatred wins if dialogue is not embodied in the majority of human beings as a strategic fact.

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