(Marzia Giglioli)
Si cammina su fili sempre più sottili, per non allargare il conflitto Hamas-Israele all’intero Medio Oriente. Il “no” categorico del premier israeliano Netanyahu alla creazione accanto ad Israele di uno Stato palestinese blocca al momento ogni idea di negoziato per mettere fine, o quantomeno concordare una tregua, al conflitto tra Israele e Hamas. Gli appelli del segretario generale delle Nazioni Unite e del responsabile della politica estera dell’Unione europea hanno da giorni risposte israeliane sempre più dure ma, come ha sottolineato il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani, Netanyahu è stato scelto e votato dal popolo israeliano e gli altri Paesi non possono che rispettare tale volontà.
La diplomazia però non è in vacanza. In queste ore i diplomatici americani stanno lavorando con il massimo impegno per evitare l’allargamento del conflitto tra Israele e Hamas. Il loro obiettivo è preciso: evitare che la tensione al confine di Israele con il Libano superi limiti accettabili. Gli Hezbollah – la milizia libanese che ha come punto di riferimento gli Ayatollah di Teheran – conduce dal 7 ottobre scorso contro Israele azioni militari di fiancheggiamento ad Hamas, con il pericolo sempre più alto, con il passare dei giorni, che dalle operazioni militari di relativamente poco conto si entri in una vera e propria guerra.
L’inviato della Casa Bianca, Amos Hochstein, è da qualche giorno a Beirut per presentare al governo libanese una proposta israeliana per la creazione di una “zona cuscinetto” che prevederebbe il ritiro delle truppe di Hezbollah poche miglia a nord del confine e un aumento della presenza dell’esercito libanese nell’area. Come scrive il Washington Post, alla fine di dicembre Israele ha detto a Washington che se non fosse possibile raggiungere un accordo sui confini a lungo termine con il Libano, nelle prossime settimane, secondo un diplomatico occidentale e tre funzionari libanesi, Israele intensificherà la sua lotta con Hezbollah, uno scenario che sia l’amministrazione Biden che gli europei cercano strenuamente di evitare.
In risposta alle domande su quali siano le richieste di Israele, Lior Haiat, portavoce del ministero degli Esteri, ha detto: “La posizione israeliana è che preferiamo una soluzione diplomatica, e se una soluzione diplomatica non sarà possibile, dovremo agire per conto nostro”. Nel sud del Libano non è mai esistita una vera e propria zona cuscinetto. Il tentativo più ravvicinato ebbe inizio nel 1985, tre anni dopo che le forze israeliane avevano invaso il Libano, quando Israele si ritirò parzialmente dal sud e lasciò una milizia cristiana alleata a controllare l’area sotto la sua amministrazione.
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