(Carlo Rebecchi)
Appare sempre più complesso, per il presidente Biden, mantenere a lungo sul conflitto israelo-palestinese la linea di sostegno totale al premier Netanyahu. Secondo un sondaggio Reuters/Ipsos della settimana appena conclusa, la politica di Biden è in contrasto con quanto vorrebbe il 77 per cento degli elettori del partito democratico, favorevole invece al cessate il fuoco a Gaza e alla ricerca del negoziato. La divaricazione non potrebbe essere più netta, e ciò che colpisce maggiormente è che il dissenso non divide solamente gli elettori del partito ma sta provocando una profonda frattura – a colpi di lettere aperte – anche tra funzionari che fanno, o hanno fatto, parte dell’ amministrazione americana a guida democratica.
Lunedì scorso, 500 di questi funzionari ed ex funzionari avevano chiesto a Biden, con una lettera di firmatari anonimi, di esigere da Israele il cessate il fuoco immediato per Gaza, richiesta giudicata inammissibile da Biden e Netanyahu in quanto incompatibile con l’obiettivo di Israele di rifiutare la tregua fino alla distruzione di Hamas. Pochi giorni dopo, una lettera aperta firmata con tanto di nomi e cognomi da 137 ex membri delle amministrazioni Obama e Biden ha appoggiato la decisione del presidente di fornire a Israele 14,3 miliardi di dollari in nuova assistenza alla sicurezza. E ha elogiato la “chiarezza morale, la leadership coraggiosa e il fermo sostegno di Israele” del titolare della Casa Bianca.
La polemica si approfondisce ogni giorno di più, alimentata dalle immagini e dai resoconti che rimbalzano da Gaza, e ha già coinvolto personaggi importanti come il segretario di stato Anthony Blinken – che secondo il New York Times avrebbe ricevuto numerosi dispacci diplomatici con la richiesta di una maggiore pressione su Israele per limitare il numero delle vittime civili a Gaza – e Samantha Power, amministratore dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale.
La lettera di sostegno a Biden è stata firmata da democratici di spicco tra i quali l’ex capo dello staff dello stesso Biden, Ron Klain, e diciannove ex ambasciatori, come Joseph W. Westphal, che è stato l’inviato degli Stati Uniti in Arabia Saudita sotto Obama. I firmatari pro-Biden sono meno numerosi di quelli che otto giorni prima avevano sollecitato il cessate il fuoco immediato, ma i promotori sostengono che la loro lettera avrebbe “più peso” perché rivela i nomi di tutti i firmatari e tra di loro ci sono ex alti funzionari con esperienza nel conflitto israelo-palestinese.
Secondo il New York Times, molte delle firme anonime si spiegherebbero con la paura per la propria “sicurezza personale e per il rischio di perdere il lavoro”, si legge nella lettera aperta inviata alla Power. A rendere ancora più complesso l’eventuale tentativo di Biden di riprendere il controllo della situazione c’è, secondo gli osservatori, un altro fattore: il rischio che la “ribellione critica” degli anti-Biden possa far pensare che la gestione della “cosa pubblica” da parte dei funzionari dell’ amministrazione democratica non sia tanto nell’ interesse di tutti ma possa dipendere da una scelta di parte. Niente potrebbe essere peggiore, soprattutto in vista delle prossime elezioni presidenziali.
“Se un funzionario governativo ritiene moralmente intollerabile ciò che gli è chiesto dovrebbe dimettersi”, dicono i pro-Biden. E un caso di dimissioni, secondo il New York Times, c’è effettivamente stato. A sbattere la porta è stato Josh Paul, ex direttore degli affari pubblici del Congresso e dell’Ufficio per gli affari politico-militari del Dipartimento di Stato per più di 11 anni. In una lettera ha spiegato le sue dimissioni con il “cieco sostegno dato a una parte (Israele, ndr) del conflitto” dall’attuale amministrazione.
(English version)
It appears increasingly complex for President Biden to maintain a line of total support for Prime Minister Netanyahu for a long time on the Israeli-Palestinian conflict. According to a Reuters/Ipsos poll from the week just ended, Biden’s policy is in contrast with what like 77 percent of Democratic Party voters would want, who are instead in favor of a ceasefire in Gaza and the search for negotiations. The gap could not be clearer, and what is most striking is that the dissent not only divides the party’s voters but is causing a profound fracture – through open letters – even among officials who are, or have been, part of the Democratic-led American administration. Last Monday, 500 of these officials and former officials had asked Biden, in a letter from anonymous signatories, to demand from Israel an immediate ceasefire for Gaza, a request deemed inadmissible by Biden and Netanyahu as it is incompatible with Israel’s objective to refuse the truce until the destruction of Hamas. A few days later, an open letter signed with full names by 137 former members of the Obama and Biden administrations supported the president’s decision to provide Israel with $14.3 billion in new security assistance. The signotoires of this letter praised the White House holder’s “moral clarity, courageous leadership and firm support for Israel”. The controversy deepens every day, fueled by the images and reports that bounce back from Gaza, and has already involved important figures such as Secretary of State Anthony Blinken – who according to the New York Times has received numerous diplomatic cables with the request for a increased pressure on Israel to limit the number of civilian casualties in Gaza – and Samantha Power, administrator of the US Agency for International Development. The letter of support for Biden was signed by prominent Democrats including Biden’s former chief of staff, Ron Klain, and nineteen former ambassadors, such as Joseph W. Westphal, who was the United States envoy to Saudi Arabia under Obama. The pro-Biden signatories are fewer than those who had called for an immediate ceasefire eight days earlier, but the promoters argue that their letter would have “more weight” because it reveals the names of all the signatories and among them there are former senior officials with experience in the Israeli-Palestinian conflict. According to the New York Times, many of the anonymous signatures could be explained by fear for their “personal safety and the risk of losing their jobs”, we read in the open letter sent to Power. To make Biden’s possible attempt to regain control of the situation even more complex, according to observers, there is another factor: the risk that the “critical rebellion” of the anti-Bidens could make people think that the management of the “public good” by the officials of the democratic administration is not so much in everyone’s interest but may depend on a partisan choice. Nothing could be worse, especially in view of the upcoming presidential elections. “If a government official finds what is being asked of him morally intolerable, he should resign,” say the pro-Bidens. And there actually was a case of resignation, according to the New York Times. The one who slammed the door was Josh Paul, former director of public affairs for Congress and the State Department’s Bureau of Political-Military Affairs for more than 11 years. In a letter he explained his resignation with the “blind support given to one side (Israel, ed.) of the conflict” by the current administration.
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