Le parole della guerra: Gaza sta diventando disumanizzata, dice il commissario ONU

(Marzia Giglioli)

L’intera popolazione di Gaza sta diventando ‘disumanizzata’, afferma il commissario ONU Philippe Lazzarini, che guida l’agenza UNRWA delle Nazioni Unite.

Lazzarini, commissario generale dell’UNRWA, è stato uno dei tre relatori a descrivere crudamente cosa sta accadendo a Gaza, il crollo dell’ordine civile, la perdita di acqua pulita e un tasso di mortalità infantile che corrisponde al numero di bambini uccisi nei conflitti negli ultimi quattro anni.

Lazzarini ha usato la parola ‘disumanita’ che pesa come quella del ‘massacro’ di Hamas: due termini che inchiodano le nostre coscienze e che non avremmo mai voluto affrontare né giudicare. Lo scempio di Hamas e le macerie di Gaza sono la negazione dell’umanità altrui, un processo che introduce un’asimmetria drammatica che pone qualcuno a giudice dell’altro giustificandone ogni azione conseguente.

È un tarlo che abbiamo anche dentro di noi e può essere sottile e micidiale, riguarda anche la nostra vita quotidiana e forse anche il nostro giudicare davanti alla guerra Israele-Hamas in cui ognuno di noi è chiamato a decidere e, forse, a de-umanizzare.

La de-umanizzazione è l’ultimo atto della discriminazione. Ed è più comune di quanto noi possiamo immaginare: si verifica continuamente nella vita quotidiana, quando giudichiamo una persona diversa da noi, quando si creano falsi concetti categoriali e di genere, quando si mettono in atto violenze fisiche e psicologiche su esseri umani inermi. È sempre più pervasiva. Si trova nei social, sui media, nell’antagonismo discriminante, si trova ovunque non si sappia riconoscere l’altro uguale a noi e ascoltarne le ragioni.

La de-umanizzazione finisce per essere troppo spesso invisibile e usa, per uscire allo scoperto, il linguaggio che diventa arma letale. Sono le parole a far superare confini invalicabili e a rendere possibile la messa in atto di azioni atroci che, in un contesto normale, sarebbero impossibili da accettare.

Herbert Kelman, già professore di etica sociale ad Harvard e noto per il suo lavoro sulla risoluzione dei conflitti in Medio Oriente, scriveva che ‘per mettere in atto azioni violente nei confronti di altre persone è necessario attuare processi che permettono l’indebolimento dei principi morali così da superare le inibizioni da essi causate’. È un processo pericoloso in cui sia chi perpetra l’aggressione che le vittime divengono entrambi de-umanizzati.

È quello che sta accadendo in queste ore, dove la disumanità sale con il numero crescente delle vittime.

(riproduzione autorizzata citando la fonte)

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