(Carlo Rebecchi)
Aspettando uno spiraglio di ragionevolezza, l’Iran degli Ayatollah nasconde le proprie carte.
Hamas ha attaccato Israele il 7 ottobre, e dopo tre settimane nessuno è in grado di capire quali saranno gli sviluppi dell’ aggressione, il cui bilancio continua nel frattempo ad aumentare. Ora siamo ad oltre 1.400 morti israeliani, di cui più di 900 civili, e a oltre 7.000 morti e 17.500 feriti palestinesi; più gli ostaggi. In parallelo, continuano i tentativi della diplomazia di dipanare una matassa nella quale la geopolitica si mescola alle religioni. C’è chi gioca a carte scoperte – gli Stati Uniti, che hanno invitato Israele a non commettere gli errori fatti dagli USA dopo l’attentato alle Torri Gemelle – e chi tiene ancora coperte le proprie carte. Un pò come Israele, che aumenta ogni giorno l’intensità della propria risposta mostrando di voler distruggere Hamas, ma non sa o non ha ancora indicato ‘per cosa fare poi’. O, soprattutto, come l’ Iran, dove Alì Khamenei dichiara di voler contribuire a un cessate il fuoco immediato a Gaza e per il momento replica con il silenzio a chi lo addita, direttamente o indirettamente, come ‘possibile socio’ di Hamas.
Nessuno ha la certezza che l’Iran sia stato colto realmente di sorpresa dall’attacco di Hamas, come era sembrato subito dopo, o che Teheran ne fosse almeno informato come è stato inevitabile pensare dopo che uno dei portavoce di Hamas, Mohamed Seif, ha detto ai giornalisti: ‘Teheran ci ha aiutato’. Nel paese degli ayatollah, alle prime dichiarazioni ufficiali di congratulazioni coi combattenti, è seguito – per bocca del consigliere militare della Guida Suprema Alì Khamenei – la ‘promessa’ che l’Iran sarà ‘al loro fianco fino alla liberazione della Palestina e di Gerusalemme’.
Gérard Araud, rappresentante permanente della Francia alle Nazioni Unite dopo essere stato ambasciatore in Israele e negli Stati Uniti, in un’intervista a ‘Grand Continent’, rivista del Gruppo di studi geopolitici dell’ Ecole normale di Parigi, afferma però che ‘tutto sembra fatto (dall’Iran e dagli Hezbollah libanesi) per mostrare che non vogliono essere coinvolti’.
‘E’ importante sottolineare che i veri nemici dell’Iran’ – spiega Araud – ‘non sono né gli Stati Uniti né Israele: sono i Paesi arabi del Golfo. E sostenere Hamas significa mettere in imbarazzo le monarchie arabe del Golfo, che guardano dall’alto in basso un movimento che pretende di essere sia democratico che islamista. Sanno bene cosa pensa l’opinione pubblica araba. E c’è anche il desiderio di cercare di far deragliare la formazione di questa sorta di alleanza israelo-araba portata avanti dal principe ereditario saudita Mohamed Bin Salman in funzione anti-iraniana’.
Per il diplomatico francese, ‘il gioco dell’Iran è sottile. Gli iraniani, che finanziano Hamas e che potrebbero essere stati consultati da Hamas per preparare l’attacco, non devono essere sottovalutati. Allo stesso tempo, dobbiamo prendere in considerazione la capacità decisionale di Hamas, come quella di Hezbollah, che non sono semplicemente strumenti dei servizi iraniani. Hanno un proprio programma. Per il momento, l’Iran si accontenta di una retorica veemente, ma sembra che anch’esso stia evitando di superare una linea che potrebbe rivelarsi pericolosa’.
Per Trita Parsi, vicepresidente del Quincy Institute di Washington, la ‘linea rossa’ è rappresentata ‘dalla eventuale decapitazione di Hamas’ da parte di Israele, se il presidente Biden non riuscisse a convincere Netanyahu a rispondere all’ aggressione del 7 ottobre in un modo più ragionevole di quanto afferma ogni giorno di voler fare: distruggere Hamas. In quel caso ‘molti attori regionali si sentiranno costretti a intervenire: quando Israele mobilita 300mila uomini è improbabile che Hezbollah resti lì seduto a pensare che questo viene fatto solo per dare la caccia ad Hamas’.
Secondo Sara Bazubandi, del tedesco GIGA Institute of Middle East Studies, ‘non ci sarà’ in ogni caso ‘un coinvolgimento diretto dell’Iran in combattimenti. Teheran probabilmente utilizzerà le organizzazioni non statali che sostiene. L’Iran, uno degli sponsor di lunga data di Hamas, è maestro nel creare e condurre guerre per procura, e sta cercando di evitare il confronto diretto con chiunque dalla fine della guerra Iran-Iraq. Per questo investe finanziariamente, militarmente e tecnologicamente nello sviluppo del cosiddetto ’asse della resistenza’ nella regione’.
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