Il disaccoppiamento da Pechino conviene a Washington ?

(Marco Emanuele)

Attenzione, scrive Mary Gallagher su World Politics Review (‘The U.S. Can’t Afford a Science and Tech Decoupling From China’, 17 ottobre 2023) a disaccoppiare la cooperazione scientifica e tecnologica tra USA e Cina; ‘gli Stati Uniti non dovrebbero ignorare i contributi che questa collaborazione ha apportato alle università, alla società e alle aziende statunitensi negli ultimi quattro decenni’.

Gallagher affronta il tema in alcuni ambiti sensibili, a cominciare dall’istruzione. Scrive che ‘un disaccoppiamento accademico totale dalla Cina rischia di ridurre la ricerca in aree critiche e di rendere più difficile per gli americani studiare e fare ricerca in Cina, creando un punto cieco che rappresenta un rischio per la sicurezza nazionale’.  In una logica complessa, occorre evitare stereotipi potenzialmente pericolosi: ‘accusare gli studenti cinesi di essere una quinta colonna rischia di alienare le porzioni della società cinese che più probabilmente sostengono ed emulano il sistema statunitense’.

Mentre, ad agosto, l’amministrazione Biden ha deciso di propogare di sei mesi l’accordo bilaterale di cooperazione scientifica e tecnologica tra i due Paesi, nel Congresso vi sono pressioni per farlo scadere. Forti sono i timori di uso strumentale dell’accordo da parte cinese.

Gallagher insiste sulla miopia strategica di un disaccoppiamento: ‘anche se la competizione tra le due parti si intensifica, gli Stati Uniti dovrebbero aspirare a pensare in modo strategico alla cooperazione con la Cina e non reagire impulsivamente per limitare i contatti, come se ignorare la Cina o fingere che non esista possa far scomparire i suoi risultati competitivi. Poiché i punti di forza della Cina nel campo della scienza e della tecnologia sono cresciuti, gli Stati Uniti faranno fatica a raggiungere obiettivi importanti – come il “reshoring” della produzione critica e l’attrazione di investimenti nel Paese per incrementare l’occupazione nel settore manifatturiero e la creazione di buoni posti di lavoro – se gli scienziati, gli studenti e le imprese cinesi saranno respinti’. Con apparente paradosso, mantenere vive le relazioni con Pechino è questione d’interesse nazionale per Washington.

Il pensiero strategico (e complesso, notiamo noi) evocato da Gallagher si vede nell’industria, in particolare ‘nel passaggio dai veicoli a gas a quelli elettrici, un’area di crescente cooperazione ma anche di competizione tra le aziende automobilistiche statunitensi e cinesi. (…)  Negli ultimi tempi, sia General Motors che Ford hanno avuto difficoltà nel mercato cinese, ma nel 2022 GM ha venduto più auto in Cina che negli Stati Uniti’. Vale anche il reciproco: ‘Ora anche le aziende automobilistiche cinesi hanno iniziato a guardare agli Stati Uniti come luogo di investimento e produzione. (…) Ma le recenti controversie sugli investimenti automobilistici cinesi negli Stati Uniti sottolineano quanto, anche nello spazio commerciale, si siano intensificate le preoccupazioni per la sicurezza nazionale e i timori per l’influenza del Partito Comunista Cinese. La disinformazione e le voci allarmanti abbondano. E nonostante i tentativi retorici di distinguere la Cina e il popolo cinese dal PCC, in pratica tutto ciò che proviene dalla Cina è immediatamente sospettato di essere una minaccia per gli interessi nazionali statunitensi’.

Sono vive le controversie su due investimenti cinesi per impianti di produzione di batterie EV nel Michigan occidentale: ‘la Ford ha annunciato l’intenzione di aprire una fabbrica a Marshall utilizzando la tecnologia concessa in licenza dalla CATL, un’azienda cinese che è il più grande produttore di batterie per veicoli elettrici al mondo. L’anno scorso, Gotion, una filiale californiana di un’azienda cinese della provincia di Anhui, ha annunciato che avrebbe costruito una fabbrica di batterie a Big Rapids’.

C’è un clima di paura, molto dannoso per l’economia americana perché, nota Gallagher,  ‘attualmente non esistono aziende statunitensi con la tecnologia necessaria per produrre batterie EV su scala. Senza questi investimenti e partnership cinesi, la produzione di questa tecnologia negli Stati Uniti rimarrà più arretrata e più costosa rispetto alla produzione in altri luoghi, tra cui la Cina e persino l’Unione Europea, dove CATL gestisce già operazioni di produzione di batterie in Germania e Ungheria, con piani di espansione’.

Conclude Gallagher: ‘La cooperazione scientifica e tecnologica è necessaria per risolvere i problemi globali, ma anche per consentire alle aziende e alle università statunitensi di rimanere competitive a livello globale in un mondo in rapida evoluzione. L’isolazionismo tecnologico degli Stati Uniti rischia di ritorcersi contro, lasciando gli Stati Uniti in una situazione peggiore e garantendo potenzialmente che la Cina rimanga il centro globale della prossima rivoluzione dell’industria automobilistica’.

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