L’estrema competizione dall’alto, particolarmente in campo tecnologico, incontra una profonda frammentazione delle società umane e la debolezza dei sistemi istituzionali. Servono classi dirigenti nel futuro già presente
Extreme competition, particularly in the field of technology, encounters profound fragmentation of human societies and the weakness of institutional systems. We need ruling classes in the future already present
(Marco Emanuele)
Non ci interessa capire se viviamo in un ‘mondo al contrario’ ma in quale mondo viviamo.
Il think tank ASPI, nell’aggiornamento del suo Critical Tech Tracker, sottolinea il netto vantaggio della Cina nella ricerca di sensoristica avanzata e la competizione quasi ‘ad armi pari’ tra Cina e Paesi occidentali sulle biotecnologie.
Gli esperti potranno, meglio di chi scrive, sottolineare il valore strategico, al contempo nei domini civile e militare, del predominio nella ricerca e nella produzione di queste tecnologie, così come dell’intelligenza artificiale. Non so se si possa parlare di ‘nuova guerra fredda’ ma, certamente, si può dire che la sfida è, non da oggi, aperta.
Mentre, dall’alto, la competizione tecnologica, vera ragione della ricomposizione dei rapporti di potere a livello globale, aumenta, dal basso, nelle nostre società, crescono la frammentazione e una sorta di rilassamento di quei sistemi democratici che, pur se progressivamente ‘in svuotamento’ soprattutto dal punto di vista della rappresentanza effettiva, credono ancora di poter determinare le sorti del mondo (‘democrazie vs autocrazie’).
Le complessità che vediamo (anche se facciamo finta di non vederle), dall’alto e nel profondo, mettono a rischio la sostenibilità sistemica del mondo e dei mondi. Tutto, in aggiunta, è attraversato da una policrisi de-generativa (in primis, i cambiamenti climatici) non osservata politicamente dalle classi dirigenti (la COP28 sarà un punto di svolta ?).
Se non si può, e non si deve, bloccare il progresso, se si deve proteggere ‘ciò che siamo’ a ogni latitudine (in termini di identità e di benessere economico), occorre comunque un cambio di passo. La resilienza dei nostri sistemi istituzionali e delle nostre società umane non potrà avvenire fuori dal quadro complesso che abbiamo descritto, di estrema competizione dall’alto e di estrema frammentazione dal basso. Se non possiamo individuare soluzioni à-la-carte, possiamo almeno iniziare un percorso ideal-pragmatico di riflessione: per la formazione di classi dirigenti nel futuro già presente che incarnino nuovi paradigmi culturali e operativi, non più solo lineari e non più novecenteschi.
(English version)
We are not interested in whether we live in an ‘upside-down world’ but in which world we live.
The ASPI think tank, in the update of its Critical Tech Tracker, emphasises China’s clear lead in advanced sensor research and the almost ‘on equal terms’ competition between China and Western countries on biotechnology.
Experts can, better than this writer, emphasise the strategic value, in both the civil and military domains, of the dominance in research and production of these technologies, as well as artificial intelligence. I do not know whether we can speak of a ‘new cold war’ but, certainly, we can say that the challenge is, not as of today, open.
While, from above, technological competition, the real reason for the recomposition of power relations at a global level, increases, from below, in our societies, fragmentation and a sort of relaxation of those democratic systems that, although progressively ’emptying’ especially from the point of view of effective representation, still believe determining the fate of the world (‘democracies vs. autocracies’).
The complexities we see (even if we pretend not to see them), from above and deep within, jeopardise the systemic sustainability of the world and worlds. Everything, in addition, is traversed by a de-generative polycrisis (first and foremost, climate change) unobserved politically by the ruling classes (will COP28 be a turning point ?).
If we cannot, and must not, block progress, if we must protect ‘what we are’ at every latitude (in terms of identity and economic well-being), a change of pace is needed. The resilience of our institutional systems and human societies cannot take place outside the complex framework we have described, of extreme competition from above and extreme fragmentation from below. If we cannot identify à-la-carte solutions, we can at least begin an ideal-pragmatic path of reflection: for the formation of ruling classes in the future already present that embody new cultural and operational paradigms, no longer merely linear and no longer twentieth-century.
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