POLITICAMENTE ASTENUTI
Onori ai vincitori. Ma anche oneri per dover governare, a livello regionale e nazionale, in un contesto storicamente molto difficile e in un quadro di democrazia dimezzata. Eh si, la sovranità appartiene al popolo ma il popolo resta a casa.
Il dato dell’astensionismo appare brutto, e in parte lo è, perché rappresenta distanza, stanchezza, mancanza di fiducia e il lettore (magari astenuto) ci metta dentro ciò che vuole. Evito l’omelia sull’importanza del voto in democrazia per sottolineare, invece, il valore profondamente politico della decisione di chi è rimasto a distanza dai seggi elettorali.
La scelta di non recarsi al seggio non è scelta di non voto, anzi. E’, al contempo, una crepa dolorosa nel cuore della democrazia rappresentativa e una grande opportunità. Auspico, senza crederci troppo, che le classi dirigenti non si limitino a inventare farlocchi processi di partecipazione popolare alla “cosa” pubblica perché il problema non è lì.
Il tema, semmai, è l’essenza stessa della politica. Continuiamo a credere che politica e partitica siano la stessa cosa e, in tal modo, il rifiuto della partitica viene spacciato come rifiuto della politica: errore da matita rossa. Gli astenuti, magari inconsapevolmente, stanno urlando, scegliendo di non recarsi alle urne, che siamo a un bivio decisivo: la politica va ri-pensata, ri-fondata, re-istituita.
Riusciranno i nostri eroi (e penso alle classi dirigenti) a capire che il futuro della politica passa oggi da chi si è astenuto (la maggioranza, peraltro) o continueranno, “con quelle facce un pò così”, a raccontarci partitiche cronache marziane ?