Come spesso accade, il dibattito sulla vicenda Cospito è entrato nel magico mondo dell’infotainment. Un pò come Zelensky a Sanremo.
Una civiltà giuridica è tale se punisce e al contempo com-prende. Chiunque tenti di sottrarre Cospito alle sue responsabilità sbaglia perché l’uomo, lo sappiamo, ha compiuto azioni irricevibili per uno Stato di diritto. Ma è proprio quello stesso Stato che, Cospito compreso e a parte, deve ripensare il proprio essere “bifronte”.
Uno Stato democratico, non burocratico, etico o securitario, si caratterizza, già lo scrivevamo, per intelligenza istituzionale. Aggiungiamo anche per talento creativo. Lo Stato democratico, nell’agire, deve considerare ciò che accade al suo interno, il clima sociale che va sviluppandosi, le contraddizioni che lo caratterizzano.
Questa breve riflessione non è scritta contro il governo di turno ma per superare una mentalità lineare ormai consolidata e dominante. La sfida che dobbiamo affrontare è di civiltà, di mediazione, dialogo, visione. Non entriamo nel dibattito stucchevole sui 100 giorni del nuovo esecutivo e, tanto meno, sulle pagelle ai singoli ministri: ci collochiamo, intellettualmente liberi, come chi propone allo Stato di cogliere e accogliere la complessità e le complessità del vivente.
Cospito non può diventare bandiera per il ritorno di violenze di piazza. E spetta allo Stato democratico fare in modo che ciò non accada. C’è un’unica strada, nell’ora che viviamo: comprendere, agendo di conseguenza, che la strada dell’umanità non mette minimamente in discussione le ragioni del diritto.