Mentre la partititica sembra impegnata a cucinare piatti per il proprio gusto, il mondo là fuori chiama tutti a nuove responsabilità. Qualunque sia l’appartenenza, il lavoro Politico dovrebbe svolgersi nella ri-appropriazione di una realtà che sembra sfuggirci di mano ogni giorno di più. Perché il tema di fondo, ben al di là delle discussioni partitiche, è la rigenerazione della speranza.
Oggi c’è una difficoltà evidente: nella megacrisi de-generativa in atto, tutte le crisi esplodono contemporaneamente e nessuna di esse può essere affrontata separatamente dal resto. Qualcuno può essere seriamente convinto che basti cambiare il nome a un partito ? Così come, dentro ciò che sta accadendo, ha senso porre bandierine ideologiche su questioni certamente importanti ma non decisive per la sorte dei sistemi nazionali e del mondo ?
Non vogliamo minimizzare alcuno degli argomenti che oggi appartengono al dibattito pubblico, e ci riferiamo in particolare all’Italia. Ma, con buona pace dei lineari e dei semplificatori di professione, nulla di ciò che riguarda lo sviluppo nazionale delle singole Nazioni nasce dentro ai confini degli Stati che le contengono. Un esempio: dopo l’invasione russa all’Ucraina, il problema che si pone è l’autonomia energetica e la sicurezza dell’Europa, non solo dell’Italia, della Germania, della Francia e così via.
Se non si capisce questo, e se la Politica non torna nel quadro di mediazioni e visioni “glocali”, il futuro non ci sorriderà. Non è solo la guerra in Ucraina a dircelo ma, in generale, l’impatto dei fenomeni planetari nei nostri territori: i cambiamenti climatici, la rivoluzione tecnologica, la demografia e l’invecchiamento della popolazione, le migrazioni, il lavoro “povero” e le disuguaglianze, il progressivo “svuotamento” delle democrazie, i dogmatismi della guerra e l’incapacità di una pace sostanziale e progettuale. Con, sullo sfondo, il ritorno di una pericolosa violenza “banale” in società che rischiano di spegnere il cuore pulsante della relazione comunitaria.
Ecco che nuovi paradigmi sono al contempo necessari e urgenti. Se guardiamo alla speranza nel futuro già presente dobbiamo lavorare intensamente alla ricostruzione del negoziato e del dialogo come fatto Politico. E cominciare a entrare, culturalmente parlando, nel terzo millennio del pensiero complesso.