Ecco qua, Ramstein è alle porte. In casa “stars and stripes”, va in scena un altro momento decisivo. Ma quanto c’è di complesso e, dunque, di Politico ?
Il tema che poniamo è molto ampio e non lo facciamo con spirito antagonista. Cerchiamo, criticamente, di applicare alla realtà un pensiero “progettuale e progettante” perché, immersi del presente, percorriamo l’oltre.
Diciamo, fin da subito, che la considerazione di fondo riguarda il discorso su dove stiamo andando, su quale prospettiva di senso e di significato strategici stiamo costruendo e su quali siano i rischi e le opportunità che intravvediamo. Con un punto ben chiaro: le persone hanno bisogno di speranza, ciò che – dentro e al di là delle guerre in atto e dell’evidente riposizionamento dei poteri globali – riguarda la possibilità per ciascuno di noi di darsi un futuro.
Fuor di dubbio, le resistenze dei popoli invasi (pensiamo in particolare all’Ucraina ma non solo) vanno aiutate anche militarmente. Ma, ci domandiamo, cosa sta emergendo a partire da quello ? Ci sembra, leggendo ogni giorno ciò che emerge dai dibattiti dei think tank internazionali, che la scelta chiara riguardi la necessità di un riarmo generalizzato, come se l’applicazione lineare del paradigma di guerra fosse l’unico e il solo a garantire sicurezza. Diciamo questo ben consapevoli che i sistemi nazionali e continentali hanno la responsabilità di costruire adeguati strumenti di difesa e di darsi “autonomia strategica”: ben diverso è passare da questo al riarmo planetario.
Questo punto è decisivo e si accompagna a un altro, altrettanto importante. Torna il tema della divisione del mondo: i buoni da una parte, i cattivi dall’altra. Nessuno nega il male ma qui ci chiediamo se sia possibile tracciare una linea netta di separazione. Pensiamo che tale linea generi più rischi di quanti si vorrebbero evitare.
Attenzione: chi compie il male va condannato ma non basta farlo separandosi tra amici e nemici e, soprattutto, non immaginando un’articolazione del mondo in grado di costruire una sostenibilità politico-strategica. Tutti siamo chiamati a una nuova responsabilità.
L’oltre non potrà ritrovarsi in un pensiero lineare e separante. La crescente complessità dei fenomeni storici ci dice che il pensiero “nel” mondo dovrà essere diverso, dall’alto e nel profondo. Ci rendiamo conto che questo richiederà un grande ri-pensamento delle nostre certezze ma l’incertezza nella quale viviamo ci dice che è inevitabile: se non vogliamo che tale incertezza generi ulteriore insicurezza. A Ramstein, nelle cancellerie, nei fora internazionali, lo capiranno ? Ci auguriamo di sì, anche se i movimenti sembrano dirci altro.
La riflessione continua …