L’ “interesse nazionale” è questione seria.
Il cammino verso un progetto di civiltà intende muoversi nella realtà-che-è, senza costruire illusioni di mondi armonici che, a causa nostra, non possono esistere. Così come non può esistere la compiutezza, evocata dai regimi autoritari e soprattutto totalitari, tema che riguarda direttamente le democrazie.
L’armonia e l’ordine si formano, mai compiendosi definitivamente, nella complessità perché si nutrono continuamente nelle disarmonie e nel disordine e perché devono fare i conti con l’esistenza di interessi particolari che si incarnano in ogni contesto. Ogni Nazione determina i suoi interessi e ciò non è eliminabile.
Scrivo d’interessi e penso alla parola in termini complessi. Non esistono solo gli interessi economici o strategici ma essi nascono da un sostrato identitario che ci fa dire che ogni popolo è originale e irripetibile. La Storia, dunque, non può essere capita né tanto meno governata senza considerare i particolari interessi nazionali la cui evoluzione viene condizionata, a volte pesantemente, dalla caduta territoriali delle dinamiche e delle scelte planetarie.
Ascoltare gli interessi nazionali e farli dialogare è più che mai necessario. Oggi, invece, siamo nel tempo in cui tali interessi sembrano radicalizzarsi, parlarsi allo specchio: più gli interessi nazionali appartengono a Nazioni con un forte impatto sulle relazioni internazionali, più la loro radicalizzazione rappresenta un rischio e, potenzialmente, diventa un problema strategico.
La radicalizzazione degli e negli interessi nazionali si accompagna alla loro messa-in-competizione, pressoché dimenticata la cooperazione (molto spesso soltanto declamata). Nessuno nega che le relazioni internazionali osservino leggi particolarmente dure, molto spesso ciniche: e, altrettanto, sono convinto che i singoli Paesi debbano adottare politiche di difesa, di immunizzazione strategica soprattutto rispetto alle aree particolarmente sensibili per la propria sicurezza sistemica. Altra cosa, come invece accade, è che le necessità di difesa e di sicurezza siano utilizzate strumentalmente per costruire un riarmo generalizzato.
Le pratiche protezionistiche portate all’eccesso, tanto quanto le voglie imperiali di conquista, si inseriscono in un mondo che – dalla caduta del muro di Berlino a oggi – pratica l’interdipendenza ms non ha investito su un governo politico dei fenomeni “glocali”. Se preservare gli interessi nazionali è irrinunciabile, e se vogliamo continuare a vivere nell’interdipendenza, dovremmo lavorare seriamente – come primo passo verso un progetto di civiltà – ad alte mediazioni che permettano un “giusto” equilibrio planetario, sempre di più a geometrie variabili, pensato attraverso il metodo critico e complesso e non più antagonistico e soltanto lineare e causale. Si tratta di mediazioni politiche, che hanno un impatto diretto sulle nostre vite: a esempio, quando si dice della scelta di “accorciare” le catene di distribuzione si pone un problema assai concreto che riguarda le forniture di beni essenziali per la vita e per lo sviluppo economico.
La riflessione continua …