2022: cos’è la sicurezza (di Giovanni Calabresi)

Si è fatto riferimento a più riprese, in questa sede, ai concetti di sicurezza e di stabilità, strettamente interconnessi tra loro, sempre che quest’ultima sia letta, come ci suggerisce Marco Emanuele (Dallo Stato burocratico allo Stato democratico. Stabilità e complessità), come “dinamicità controllata” e non come stallo del sistema di riferimento.

Ma nell’era globale e “connessa”, quale quella in cui viviamo, in cui ogni individuo è anche un “nodo” di rete, come possiamo definire la sicurezza?

Dobbiamo innanzitutto partire dal presupposto che essa è composta da due elementi fondamentali che la connotano: il primo è rappresentato dalla “percezione” di sicurezza, che consiste in un dato soggettivo ed astratto, ma fortemente determinante l’ambiente osservato, mentre il secondo è dato dalla realtà oggettiva, identificabile, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo; il che, tradotto, significa identificare le minacce in un certo scenario, le probabilità di accadimento e, alla fine dei giochi, l’accettabilità o meno di un rischio residuo come risulta del suo trattamento.

Soprattutto, dobbiamo partire dal doveroso presupposto che il rischio zero non esiste; principio fondamentale da far passare, al fine dell’accettazione di certe misure di sicurezza, comprese alcune presunte limitazioni delle libertà personali, in nome della sicurezza collettiva.

Basta pensare, per portare due esempi molto diversi fra loro, al certificato verde, in era pandemica – come misura di sicurezza sanitaria – o alla ripresa di immagini per mezzo di videocamere, posizionate per garantire la protezione fisica passiva di una qualsiasi installazione/infrastruttura.

Concetti non semplici da comprendere per il grande pubblico.

Abbiamo detto, infatti, che la percezione di sicurezza è un elemento soggettivo e che, come tale, varia al variare dei valori, delle credenze, della psicologia, dei costumi, dell’educazione, della formazione e della cultura del singolo individuo e muta, altresì, al mutare della fiducia del singolo individuo e dei gruppi umani nell’entità, nell’istituzione o nell’organismo deputato al mantenimento del livello di sicurezza in un certo momento e in un determinato sistema, che –  ricordiamolo –  è sempre complesso.

Il tutto, al netto delle azioni dolose, o involontarie di disinformazione, di molteplice provenienza, che turbano lo scenario e tendono a drogare la percezione individuale e collettiva.

Al contrario, l’analisi del rischio, richiede un approccio tecnico-scientifico e una specifica formazione non solo per la sua gestione, ma anche per la comprensione delle sue dinamiche. L’individuo tende, o, meglio, pretende una vita a “rischio zero”, sia per connaturato istinto di autoconservazione, sia a causa di una profonda trasformazione, nel corso dei decenni, dell’accettabilità della morte, della perdita e della sconfitta, in generale. Del resto, nell’era dell’egocentrismo, la sconfitta è bandita. Il problema è che continua ad esistere.

Allora, come possiamo definire, oggi, la “Sicurezza”?

Azzardiamo e diciamo che la sicurezza è una condizione reale e/o percepita di assenza di rischio rilevante, ai fini dello svolgimento della normale esistenza di un individuo o di un gruppo umano. Tale condizione può essere garantita mediante l’attivazione di comportamenti individuali e/o di gruppo e di misure di prevenzione e di protezione attive e passive, fisiche, logiche, procedurali e regolamentari, contro ogni evento doloso e colposo idoneo a turbare l’equilibrio del sistema di riferimento e ad influire negativamente sulla qualità della vita di individui e gruppi.

Si tiene dunque conto della “percezione” individuale e di gruppo e la allineiamo con l’esigenza di comportamenti e misure definite, atte a prevenire e contrastare eventi avversi, nonché a mitigare le loro conseguenze, idonee a introdurre elementi di turbamento dell’equilibrio dei sistemi di riferimento.

E’ ovvio che, laddove si parla percezione, si introduce anche un importante aspetto, da classificare tra le misure preventive ed, eventualmente, di mitigazione del danno e cioè la comunicazione.

E’ questa, infatti, ad influire in modo specifico sulla percezione di sicurezza, o meglio, di pericolo, da parte dell’individuo, che percepisce il livello maggiore o minore di capacità di un evento qualsiasi di causare un danno, in base a numerose variabili, sia intrinseche al soggetto stesso, che veicolate dall’esterno, attraverso la comunicazione e l’informazione più o meno distorte.

Ed è proprio su quest’ultimo punto, che, nell’era globale fondata sulla rete, si apre un capitolo infinito….

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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