(Carlo Rebecchi)
E’ una guerra di nervi, quella che sull’Ucraina combattono ora Vladimir Putin, l’invasore, e i 44 paesi che, con gli Stati Uniti d’America, sono schierati a fianco della repubblica ucraina. Il presidente russo, fresco di rielezione, ha fatto bombardare Kiev proprio mentre a Bruxelles il suo collega ucraino, il presidente Zelensky, chiedeva una volta di più avere armamenti e sosteneva che “la Russia deve perdere, è una questione di vita o di morte per tutto ciò che è prezioso per noi in Europa”. E’ una “guerra di nervi”, si diceva, perché nessuno dei belligeranti ha volontà e mezzi di andare oltre sulla via della guerra guerreggiata che, è chiaro, porterebbe allo scontro nucleare. Putin perché è evidente che non vuole uno scontro bellico con la Nato dal quale uscirebbe sconfitto; e Zelensky perché chi lo sostiene non ha oggi la possibilità fornire in tempi veloci gli armamenti di cui ha bisogno. E poi, è il caso di Joe Biden, la scadenza elettorale in America sconsiglia al presidente Usa di arrivarci in guerra.
Così, dopo aver annunciato che il Consiglio Europeo – che si chiude questo venerdì – sarebbe stato quello della presa d’atto che una guerra in Europa potrebbe essere vicina, i Ventisette hanno gettato acqua sul fuoco. “La guerra non è imminente, non spaventiamo i cittadini” ha affermato l’Alto Rappresentante europeo Borrel, pur ammettendo che “dobbiamo prepararci per il futuro e aumentare le nostre capacità di difesa”. Quando Macron aveva detto che un giorno potremmo forse trovarci nella necessità di inviare in Ucraina dei soldati, un certo numero di leader europei ne aveva condiviso le parole, altri no. L’interpretazione più veritiera di cosa volesse dire Macron l’ha data probabilmente l’analista strategico Ian Bremmer, per il quale il presidente francese “potrebbe aver voluto far capire a Putin che il protrarsi delle operazioni belliche in Ucraina potrebbe avere serie conseguenze”.
Con le due parti attente, o costrette, a non muoversi dalle trincee scavate durante l’inverno, i Ventisette – e sicuramente anche Putin sull’altro fronte – ritengono ragionevolmente che la cosa migliore sia quella di lavorare sul breve e sul medio periodo. Sul medio periodo, si tratta di coordinare una crescita della capacità militare dell’Unione Europea promuovendo collaborazioni più strette tra i paesi che lo vogliano. “Dobbiamo aumentare la nostra prontezza nella difesa e mettere le economie sul piede di guerra per far fronte all’urgenza della minaccia”, ha scritto Michel sul suo account X. E ha aggiunto: “Abbiamo 3 obiettivi: sostenere l’Ucraina adesso; spendere meglio e più velocemente insieme; un accesso più semplice ai finanziamenti pubblici e privati per il settore della difesa”.
Per far fronte alle necessità urgenti di Kiev, la presidente della Commissione Ursula Van Der Leyen ha proposto che “i proventi derivanti dagli asset russi congelati al di fuori delle frontiere di Mosca, che ammonteranno quest’anno a tre miliardi di euro, vengano spesi per l’acquisto di equipaggiamenti militari destinati a Kiev”. Ci sono state alcune resistenze, perché questi soldi erano già stati destinati alla ricostruzione dell’Ucraina, poi la proposta è passata. Bisognerà vedere, ora, come e da chi, verrà pienamente attuata. In ogni caso, a giornata finita, il presidente del Consiglio Europeo Michel si mostrava soddisfatto: “Abbiamo mandato a Putin un messaggio chiaro, quello che ‘siamo determinati’ ”.
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