(Marzia Giglioli)
Vengono in mente gli architetti visionari, quelli che non si arrendono alle forme ma le attraversano per cercare altre realtà possibili. Mai come oggi si dovrebbero realizzare geometrie generative per cogliere i mutamenti e utilizzarli per creare altre configurazioni. Servono nuove costruzioni e nuove fondamenta se si vuole uscire dai conflitti.
Ma sembra davvero lontana una nuova architettura dinamica, capace di tenere insieme voci diverse e che sappia fare meglio i conti con le certezze dogmatiche. Eppure bisognerebbe fare in fretta prima che la guerra a pezzi si estenda ulteriormente.
Ma chi, in questo momento, sa davvero o tenta di de-costruire per proporre nuove realtà possibili e alternative oltre al riarmo?
I due conflitti, Gaza e Ucraina, ripetono all’infinito schemi già visti. Il dualismo ripercorre imperterrito la sua strada e sostanzialmente non si vedono altre vie d’uscita: le parole si sovrappongono dimenticando di diventare dialogo.
Su Gaza, il presidente Biden dichiara ‘we are close’, facendo intravvedere uno spiraglio in questa settimana (con il rilascio di ostaggi e un cessate il fuoco) ma Netanyahu congela l’ipotesi. Sull”Ucraina si recita a soggetto. Macron fa balenare l’idea di un invio di truppe Nato a supporto di Kiev e subito arrivano i no dei partners europei e di Washington che escludono l’ipotesi. Mentre Putin si affretta ad annunciare una guerra ancora più larga e lancia lo spettro nucleare, ieri alla Duma ha gridato all’Occidente che ‘la Russia ha armi che potrebbero colpire i loro territori’ e aggiunge che ‘le loro minacce hanno creato un vero rischio di guerra nucleare’.
In due anni di conflitto ucraino, e a quasi 5 mesi dalla strage del 7 ottobre, si contano ben pochi passi avanti verso soluzioni possibili. Né si vedono proposte che immettano elementi nuovi. E le scadenze elettorali irrigidiscono i ruoli dei mediatori.
Manca ogni barlume di complessità. Ci si scontra oggi come ieri. E si bruciano anche quegli schemi che fino a poco tempo fa potevano essere proposti, come la creazione dello Stato palestinese che in molti ormai bocciano come ‘improponibile’. Le contrapposizioni si sono inspessite ed i muri sono ancora più alti ed è difficile scavalcarli. C’ è davvero bisogno di nuove architetture e di nuovi architetti.
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