Su Israele-Hamas la politica estera dell’Europa si blocca. Sempre l’unanimità la pietra d’inciampo

(Carlo Rebecchi)

La stampa italiana ed europea, e non soltanto, sottolinea oggi come l’UE – compatta nell’affermare che la crisi tra Israele e Hamas va risolta prima che lo scontro militare si allarghi all’intera area del Mediterraneo orientale – non sia stata capace, ieri nel Consiglio Europeo a Bruxelles, di trovare un accordo altrettanto esplicito, all’ unanimità, sul comportamento da tenere. La proposta della Spagna, presidente di turno, di un cessate il fuoco immediato si è infatti scontrata con il categorico ‘no’ della Germania, dando vita a due fronti sui quali la discussione si è bloccata.

Anche la proposta di chiedere ‘una pausa’ (al singolare) umanitaria è stata respinta. Alla fine, a tarda notte, l’accordo è stato raggiunto sulla richiesta meno impegnativa di ‘pause umanitarie’, accompagnato dal ‘sostegno’ all’idea, sempre della Spagna, di una conferenza internazionale di pace da tenersi nel medio periodo. Nel confermarsi a fianco di Israele, i Ventisette si proclamano comunque impegnati a lavorare per sconfiggere Hamas, scongiurare l’escalation e aprire la strada ad una soluzione a due Stati.

Le ricadute collaterali dello scontro tra Hamas e Israele, ‘non si limitano agli aspetti militari’ ma ‘toccano anche la politica e le istituzioni. Di fronte alla guerra tra Hamas e Israele, ad uscirne con le ossa rotte è anche l’Unione europea. Colte di sorpresa, le istituzioni europee sono piombate in un profondo caos’, afferma l’ Istituto Affari Internazionali (IAI) di Roma nell’editoriale a commento del Consiglio europeo riunito a Bruxelles nella sua prima riunione dopo l’attacco del 7 ottobre.

Non è la prima volta che l’UE inciampa nella sua politica estera. Sulla crisi israelo-palestinese, prima di mostrare tutta la propria frammentazione nella sede più alta, il Consiglio, l’Unione si era giù divisa per esempio sulla visita fatta subito dopo l’attacco di Hamas dalla presidente della Commissione Ursula Von der Layen a Gerusalemme, senza cercare un analogo contatto con il palestinese Abu Mazen, e soprattutto senza aver informato i Paesi membri.

Polemiche erano seguite anche all’annuncio del blocco degli aiuti umanitari (691 milioni di euro) al popolo palestinese, poi smentito, fatto di propria iniziativa dall’ungherese Oliver Varhelyi.

La crisi della politica estera dell’Unione va oltre la vicenda israelo-palestinese, riguarda il funzionamento dell’intera politica estera dell’Unione e mostra la necessità – per l’analista dello IAI Nicoletta Pirozzi – di una riforma strutturale. Nelle scorse settimane, Romano Prodi, ex presidente della Commissione UE, ha dichiarato di aver ‘sempre ritenuto la regola dell’unanimità una disgrazia’. ‘Confermo’ – queste le sue parole – ‘che con l’unanimità non si può più governare. Non possiamo più sopportare di non avere una politica estera, di avere Turchia e Russia che comandano in Libia, di non sapere che decisioni prendere perché le dobbiamo prendere tutte all’unanimità, dalla guerra in Iraq in poi’. Sempre secondo Prodi, ‘alcuni Paesi europei stanno capendo questo aspetto e, se si potesse creare un primo legame su questo con Germania, Francia, Italia, e Spagna, si troverebbe un nucleo che può fare finalmente il salto in avanti nella politica europea’.

Per Nicoletta Pirozzi, ‘nella UE ci si rende conto della necessità di muoversi in questa direzione, con l’obiettivo ultimo di creare un Consiglio Europeo della difesa. Un cammino lungo, perché comporta la modifica dei Trattati, che richiede l’unanimità. Nel frattempo l’unica scorciatoia è il passaggio al voto a maggioranza’.

(riproduzione autorizzata citando la fonte)

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