L’inganno del “costituito” – The deception of the ‘constituted’

Pensiamo alla rivoluzione tecnologica: approcciarla solo in termini di innovazione permanente, di progresso lineare, è un errore. Ancora di più, approcciarla linearmente con un “pensiero costituito” alimenterebbe l’errore.

L’eredità culturale che portiamo dentro, e che diventa modo di leggere e di interpretare la realtà che siamo e ciò che ci circonda, va continuamente problematizzata, messa alla prova, nella realtà che evolve-involve. Tutto ciò che è “costituito”, e non esposto a critica, diventa strumento d’impossibile comprensione e conoscenza.

Il “costituito” diventa un inganno laddove non ci permette di cogliere e di accogliere la dinamicità dei processi storici e il loro ri-formarsi. Il metodo, qui proposto, di lavorare contemporanemente su pensiero complesso – sviluppo umano integrale – etica della tecnologia non può che appoggiarsi sulla problematizzazione del “costituito”. Forse non tutti hanno capito che l’elemento davvero trasformante nel cambio di era che stiamo attraversando è quello tecnologico: tale fattore, attraversando trasversalmente l’intera realtà, è immediatamente planetario.

Se, di fronte alla valanga tecnologica, non può funzionare un pensiero unico (perché ogni contesto esprime una propria cultura della tecnologia e propri interessi di potere), altrettanto occorre dire che il governo del fenomeno tecnologico deve tener conto dell’impatto sull’umanità in quanto tale: bifronte, la tecnologia può aiutare a mitigare o risolvere le grandi questioni come il cambiamento climatico o come la mobilità urbana o diventare elemento di rischio per la sopravvivenza dell’umanità. L’etica della tecnologia condiziona pragmaticamente lo sviluppo umano integrale e la sostenibilità politico-strategica del mondo e dei mondi.

Dentro a tutto questo, il “pensiero costituito” è anzitutto un limite e, come detto, diventa un inganno. Il fenomeno tecnologico è l’esempio più chiaro di come la nostra eredità culturale di una idea di progresso lineare e pre-determinato non basti più, anzi sia dannosa. Non occorre essere “nuovi” a tutti i costi ma capire che il cambio di era nel quale stiamo vivendo ci chiama a “nuove” responsabilità, anzitutto culturali e politiche nel senso di adeguate mediazioni e di visioni geostrategiche nel futuro che già percorre il nostro presente.

(English version) 

Think of the technological revolution: to approach it only in terms of permanent innovation, of linear progress, is a mistake. Even more so, approaching it linearly with ‘constituted thinking’ would feed the error.

The cultural legacy that we carry within us, and which becomes a way of reading and interpreting the reality that we are and which surrounds us, must be continually problematised in the reality that evolves-involves. Everything that is ‘constituted’, and not exposed to criticism, becomes an instrument of impossible understanding and knowledge.

The ‘constituted’ becomes a deception where it does not allow us to grasp and welcome the dynamism of historical processes and their re-forming. The method, proposed here, of working simultaneously on complex thinking – integral human development – ethics of technology can only be based on the problematisation of the ‘constituted’. Perhaps not everyone has realised that the truly transforming element in the changing era we are going through is the technological one: this factor, traversing the whole of reality transversally, is immediately planetary.

If, in the face of the technological avalanche, a single thought cannot work (because each context expresses its own culture of technology and its own power interests), it must also be said that the government of the technological phenomenon must take into account the impact on humanity: two-faced, technology can help mitigate or resolve major issues such as climate change or urban mobility, or become an element of risk for the survival of humanity. The ethics of technology pragmatically conditions integral human development and the political-strategic sustainability of the world and worlds.

Within all this, ‘constituted thinking’ is first and foremost a limitation and, as mentioned, becomes a deception. The technological phenomenon is the clearest example of how our cultural legacy of an idea of linear and pre-determined progress is no longer sufficient, indeed it is harmful. There is no need to be ‘new’ at all costs, but to understand that the change of era in which we are living calls us to ‘new’ responsibilities, first and foremost cultural and political in the sense of appropriate mediations and geostrategic visions in the future that already run through our present.

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Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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