La guerra alle porte dell’Europa e l’importanza della mediazione (di Alfredo Carlaccini)

Una grande criticità si è aperta ai confini della nostra Europa. Sia l’Occidente che il resto del mondo stanno rivivendo quello che accadde nella c.d. Baia dei Porci, un braccio di ferro a testosterone altissimo tra US.A e Russia; una prova di forza, quella di oggi, nata da uno Stato una volta appartenente al famoso patto di Varsavia e adesso con un piede nella Nato, l’ Ucraina. Per capire cosa sta succedendo, almeno sommariamente, bisogna far riferimento al 9 novembre 1989, ovvero alla caduta del muro di Berlino, simbolo della fine del Comunismo che si conosceva durante la “guerra fredda”. In quel momento, le uniche due potenze mondiali esistenti, USA e URSS (la Cina era ancora allo stato embrionale), fecero un patto non scritto ove era previsto che gli Stati ex URSS non sarebbero mai entrati nella NATO. Elemento essenziale, altamente strategico per la Russia. Tuttavia nacque l’Europa e, progressivamente, molti dei Paesi appartenenti al  patto di Varsavia vi entrarono e di conseguenza nella NATO. Proprio l’Ucraina rimase fuori, Paese oggi fortemente deciso ad entrare nella NATO con il suo Governo nazionalista.

Il 6 aprile del 2014 cominciò la guerra dell’Ucraina orientale o  guerra del Donbass, iniziata come una rivolta (o crisidell’Ucraina orientale, fino a diventare una vera e propria guerra interna ai confini ucraini quando una milizia armata si impadronì di alcuni palazzi governativi nelle regioni di Donec’kLuhans’k e Charkiv.

Subito le repubbliche che si  proclamarono indipendenti furono la Repubblica Popolare di Doneck e la Repubblica Popolare di Lugansk.

Ci saranno anche dei tentativi di riappacificazione. L’ultimo  accordo di pace del 2015 denominato ‘Minsk-2′ prevedeva, tra molte cose, anche che Kiev assicurasse autonomia alle regioni separatiste e l’amnistia per i ribelli e, dall’altra parte,  la ritirata dei militari russi dal territorio ucraino. Ahimè, nessuna delle due parti rispettò gli accordi.

Come in tutte le guerre civili, molte madri, sia da una parte che dall’altra, piangono i propri figli.

Questa impennata della crisi ucraina, che ha visto entrare in campo le massime potenze mondiali, può sia farci temere l’inizio di una guerra mondiale ma anche, forse, portare a un tanto sospirato cessate il fuoco.

Attualmente stiamo vivendo una grande partita di Risiko dove i giocatori sono gli USA, alcuni Paesi europei ( la Spagna ha dichiarato che non invierà truppe e anche l’Ungheria) e, dall’altra parte, la Russia con la sua alleata provvisoria, la Cina: ” fare di necessità, virtù”, potremmo dire.

La Russia ha incominciato già da tempo a mostrare i muscoli dislocando numerosi militari ai confini orientali dell’Ucraina, anche appoggiandosi alla Bielorussa e facendo navigare in acque internazionali (Mediterraneo e Mare del Nord) alcune navi della Marina Militare con la scusa di una grande esercitazione militare.

Inoltre sono stati inviati  ulteriori aiuti ai separatisti del Donbass che da tempo combattono una sorta di guerra di trincea.

Di fatto, si auspica che la Russia in realtà voglia aprire un negoziato che porti finalmente a degli accordi condivisi dalle parti.

Tuttavia, lottatore chiama lottatore ed anche gli USA non sono da meno nel mostrare i muscoli e non hanno perso tempo a rinforzare le fila dei militari già presenti nelle varie basi europee  mettendoli “in stato di massima allerta”.

Qui entra gioco l’Europa, che ancora non ragiona strategicamente come un’unica entità statale. Si evidenziano le differenze tra gli Stati: quelli che appoggiano di più un approccio muscolare e altri che sono pronti a negoziare con la Russia. Riguardo a questi ultimi, il riferimento è all’art.5 del trattato NATO: un conto è dare un sostegno ai nostri vicini ucraini ma ben diverso è un intervento militare. Bisogna ricordare, infatti, che l’Ucraina è un partner importante per l’Europa ma non, per il momento, un alleato.

E l’Italia ? Attualmente, alcune quote delle nostre FF.AA. sono già dislocate ai confini dell’Ucraina, tuttavia il nostro esercito forse non è pienamente attrezzato per una guerra del genere. Un contatto da parte del nostro Presidente del Consiglio è avvenuto. Noi, storicamente, siamo fedeli alleati degli USA, e sempre lo saremo, ma il nostro Paese ha ottimi rapporti anche con la Russia, cominciando da buona parte del gas che entra nelle nostre case. Per questo ed altro, auspico che i nostri politici e le nostre classi dirigenti riescano a far emergere il pensiero italico che è sicuramente quello della negoziazione, della mediazione, avendo per nostra fortuna una classe diplomatica di altissimo livello che, se stimolata adeguatamente dai decisori, potrà portare a casa ottimi risultati.

Inoltre a parer mio, questa crisi dovrebbe far capire che l’Europa debba finalmente spingere sull’acceleratore per creare un’unica difesa, in tutti i campi, cominciando da un unico esercito, passando anche per un’ unica protezione delle infrastrutture critiche  e, forse, per un’unica agenzia di intelligence. Poiché, come ho già scritto, ci troviamo come sessant’anni fa con la crisi di Cuba, dove al tavolo della negoziazione si sedettero USA,  e Russia e noi europei  a guardare come semplici spettatori. Questa volta, però, occorre fare di tutto perché la negoziazione tra le due potenze faccia allontanare lo spettro di una guerra alle porte di casa nostra.

Come disse il grande Generale  Napoleone Bonaparte, ci sono due modi per far muovere gli uomini: l’interesse e la paura. E questo le grandi potenze lo sanno.

Marco Emanuele
Marco Emanuele è appassionato di cultura della complessità, cultura della tecnologia e relazioni internazionali. Approfondisce il pensiero di Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. Marco ha insegnato Evoluzione della Democrazia e Totalitarismi, è l’editor di The Global Eye e scrive per The Science of Where Magazine. Marco Emanuele is passionate about complexity culture, technology culture and international relations. He delves into the thought of Hannah Arendt, Edgar Morin, Raimon Panikkar. He has taught Evolution of Democracy and Totalitarianisms. Marco is editor of The Global Eye and writes for The Science of Where Magazine.

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