(Marzia Giglioli)
Intelligenza artificiale nei tribunali, per ora i rischi sono contenuti. Lo dice la Corte Suprema Usa.
Nell’anno dell”intelligenza artificiale una definizione appare condivisibile tra chi da una parte mette il catastrofismo e dall’altra il futuribile luminoso dell’IA, almeno in ambito giuridico. ‘L’intelligenza artificiale rappresenta una ‘benedizione mista’ per il campo legale’, ha affermato il giudice capo della Corte Suprema degli Stati Uniti John Roberts nel suo rapporto di fine anno invitando tutti alla ‘cautela e all’umiltà’ nei confronti di una tecnologia che, piaccia o no, sta plasmando il modo in cui i giudici e gli avvocati svolgono e svolgeranno il loro lavoro.
Roberts – scrive Reutets – ha usato un tono ‘ambivalente’ nel suo rapporto di 13 pagine affermando che l’intelligenza artificiale ha il potenziale per migliorare l’accesso alla giustizia per le parti in causa indigenti, per rivoluzionare la ricerca legale e per assistere i tribunali nella risoluzione dei casi in modo più rapido ed economico, sottolineando però che ci sono molte ‘preoccupazioni’ che riguardano la privacy e l’incapacità dell’attuale tecnologia di replicare la discrezione umana.
Cercando anche di stemperare i toni più apocalittici, rispetto all’ipotesi che un giorno i tribunali possano essere gestiti dalla sola tecnologia intelligente, Roberts si dice convinto che i giudici umani resteranno in giro per un pò: ciò che invece va affrontato subito è che il lavoro giudiziario a livello processuale sarà influenzato sempre di più in modo significativo dall’IA.
Il problema da porsi è nel quantum e nel saper decifrare correttamente il peso di tale ‘influenza’ sul destino dei verdetti e delle persone.
Si tratta di una materia di indagine e di discussione che investe già una serie di tribunali che cercano di trovare una ‘via di adattamento’ e di arginare ogni rischio legato alle temute ‘allucinazioni’ dell’ intelligenza artificiale.
(English version)
Artificial intelligence in the courts, for now the risks are contained. The US Supreme Court says so.
In the year of artificial intelligence, a definition appears to be shared between those who put catastrophism on one side and the bright future of AI on the other, at least in the legal field. ‘Artificial intelligence represents a ‘mixed blessing’ for the legal field ‘said US Supreme Court Chief Justice John Roberts in his year-end report, urging everyone to be ‘cautious and humble’ about a technology that, like it or not, is shaping the way judges and lawyers do and will do their job.
Roberts – writes Reutets – used an ‘ambivalent’ tone in his 13-page report stating that artificial intelligence has the potential to improve access to justice for indigent litigants, to revolutionize legal research and to assist courts in resolving cases more quickly and economically, while underlining that there are many ‘concerns’ surrounding privacy and the inability of current technology to replicate human discretion.
Also trying to tone down the more apocalyptic tones, with respect to the hypothesis that one day the courts could be managed by intelligent technology alone, Roberts says he is convinced that human judges will be around for a while: what instead needs to be addressed immediately is that judicial work at the trial level will increasingly be significantly influenced by AI.
The problem to ask is in the quantum and in knowing how to correctly decipher the weight of this ‘influence’ on the fate of verdicts and people.
This is a matter of investigation and discussion which is already affecting a series of courts which are trying to find a ‘way of adaptation’ and to stem any risk linked to the feared ‘hallucinations’ of artificial intelligence.
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